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La contradizione, quale a noi apparisce, insanabile fra la lingua di essi testi e quella dell' onomastico, risulta poi essere tanto più flagrante, in quanto che da una parte le mutuazioni dei Latini (-enna -ennius -sa, ecc.) sono ben certe, laddove quelle che si attribuiscono agli Etruschi si fondano appunto sull' enimmatica diversità della lingua dell' onomastico da quella, quale a noi tuttodi sembra. delle bende di Agram, della tavola fittile capuana, del piombo di Magliano, del cippo di Perugia ed altrettali contesti; e dall' altra parte tutto ciò che nell' onomastico dicesi etrusco esclusivamente, in realtà è soltanto peculiare dell' uso etrusco, ma non apparisce punto contrario al resto e tanto meno in sè e per sè, sotto qualsiasi riguardo, anariano').

Gruppen', i quali verosimilmente 'gar keinen Widerstand fanden' e 'durch ihre Kultur überlegen' seppero 'sich mit den Einheimischen auf freundlichen Fuß zu stellen', sicchè 'allmählich erfolgte die Verschmelzung' e con questa 'die Stärke': qui ancora però sgraziatamente ('es mag eine Schwäche meiner Denkweise sein', secondo disse di sè Skutsch, Glotta 1908 I. 320) debbo confessare di non comprendere affatto, come mai codesti piccoli gruppi stranieri abbiano potuto insegnare pacificamente agli inculti indigeni alloglossi la religione di Giove ottimo massimo e della triade capitolina (p. 80 sg.), la limitazione (p. 81. 84), l'aruspicina (p. 85 sg. e v. tantosto altra n.) e diventare 'die Amme der kleinen Göttin Rom' (p. 88). Se alcun poco di siffatti miracoli mi fosse dato capire, capirei certo insieme come mai, fra l'altro, i civili maestri stranieri abbiano gettato a mare i più dei loro nomi personali, contro l'uso delle genti più barbare, per surrogarvi quelli dei loro barbari alloglossi scolari. Pertanto logicamente, a parer mio, ritornò in sostanza W. Schulze alla dottrina della mutuazione italica, propugnata da Pauli e Schaefer (cf. Bugge, Bezz. Beitr XI 45) affermando (Lat. Eigenn. 64), che ein großer Teil des Materials einen doppelten Entlehnungsprozeß durchgemacht hat, zuerst aus dem Lateinischen oder Umbrischen ins Etrukische, dann zurück aus dem Etruskischen ins Lateinische', e che (ib. 263, cf. Herbig Idg. Forsch. 1903 XXVI 275) 'die Etrusker, die allerorten mitten, unter, neben oder über einer lateinischer Bevölkerung saßen, auch eine große Anzahl fertiger Gentilnamen von ihren Nachbaren oder Vorgängern im Besitze des Landes übernommen'; alle gravi difficoltà (cf. Saggi e Appunti 182 n. 132) della quale mutuazione, volle appunto ovviare la pensata della cooperazione, e meglio, speriamo, un di o l'altro ovvierà con la sua geniale erudizione il medesimo W. Schulze. D'altra parte non meno logicamente, ma, per me, con maggiore probabilità, affermò Edoardo Meyer Gesch. des Altert. II. 703 senz'altro che 'ein sehr großer Teil der römischen Eigennamen ist etruskisch'.

1) Cosi per es. in sè e per sè i prenomi di esclusivo uso etrusco Vel Ganzvil sembrano, se mai, equivalenti a lat. Herius (cf. umb. heri per lat. vel) ed a. lat. etr. Minerva (cf. lat. mens e tongere osc. tanginúd ecc.); cosi pure Arný, se mai, tanto più facilmente in sè e per sè potrebbe interpretarsi 'aratore' in quanto che solamente assai di rado se ne incontra il femminile. Cosi in sè e per sè il suffisso -na, vero 'Leitfossil' (Skutsch) geografico (cf. Herbig, Idg. Forsch. cit. 374) come il ligure -asco ed il preellenico -v9og; del quale il Conway, The prehellenic Inscriptions of Praesos 154, confessò appunto di essere 'never been able to see any ground', perchè si tenesse indizio che la 'Urbevölkerung' la quale se ne serviva fosse 'non-Indo-European'. Bensi Herbig op. cit. 375. n. 1 distingue

Forse però codesta contradizione trova nell' Italia stessa, ed anzi, se mai, ben vicino all' Etruria, un esiguo riscontro nelle discrepanze, nè poche, nè piccole, dell' osco dall' umbro e di entrambi dal latino, in onta alle tante e tanto grandi somiglianze dei due e dei tre idiomi fra loro: esiguo riscontro che, se mai, si allargherebbe alle infinite discrepanze delle lingue indoeuropee in mezzo a tanta comunione di basi e auffissi e forme, e riceverebbe forse lume dalla causa cui soglionsi quelle per molta parte attribuire, cioè la reazione delle favelle parlate dai precedenti abitatori. Per gli Etruschi, nuova spia di siffatte reazioni etniche darebbe oggi per avventura anche il filone, testè avvertito, delle somiglianze lituslave 1): per essi appunto però l'analogia, già scarsa, verrà in ogni caso ancor più diminuita da ciò, che per l'osco e l'umbro ed in genere per le nostre parlate, il quesito o già si affaccia sotto il solo riguardo linguistico, o può per lo meno limitarsi ad esso; laddove per gli Etruschi esso si complica con altri quesiti di varia origine, non senza nuova contradizione apparente o vera: giacchè mentre l'onomastico etrusco ci tiene legati all' Italia ed anzi al Lazio, certe tradizioni greche, insieme coi fegati di Piacenza, Volterra e Babilonia) e con la pietra preellenica

finemente l'etr. femm. Petrunai (peligno Ptruna) dall' 'aus dem Lat. ins Etr. zurückübersetzte petruni (Petronius)': né io nego che questa possa essere la verità, ma mi trattiene ancora da credere che debba tenersi tale, il fatto dello aversi cento e mille esemplari analoghi, e della suprema improbabilità, direi, che il caso cento e mille volte siasi divertito a mettere nella bocca di due popoli, reputati differentissimi per la lingua e la provenienza, parole siffatamente simili da confondersi. Per mia parte a tutte le difficoltà sopra discorse, non tengo che la risposta 'ignoramus'; e confesso preferirla alle proposte spiegazioni, le quali a me, colpa di certo la veduta corta di una spanna, finora nulla spiegano.

1) Alludo ad etr. ly, lituano lyka got. libi nei numerali, in sè e per sè, ben s'intende, senz' alcuna relazione con 'dieci'; a etr. e slav. na sa ia -ca femminili; a - etrusco slavo ed armeno; al prenome prevalente nella serie onomastica si presso gli Etruschi, e si presso gli slavi ecc. secondo accennai Rendic. Ist. Lomb. 1910 pag. 276-282 'Di alcune vere od apparenti somiglianze fra la lingua etrusca e le lituslave' (cf. Endzelin Glotta III 275).

2) Secondo F. B. Carter (n. 8) p. 85 sg. 'hat unsere Kenntnis der etruskischen Haruspizin die allergrößten Fortschritte gemacht, und zwar durch Erforschung des entsprechenden babylonischen Systems': sgraziatamente rinvia egli per le prove auf die Arbeiten Morris Jastrows' e 'besonders' ai Proceedings of the American Philosophical Society (Philadelphia) Bd. 47 S. 105–129, S. 646 676'; dove nel primo luogo tutt' altri parla di storia naturale e matematica, e nel secondo appena ricordansi qua e là gli Etruschi con la scorta del Thulin e di G. Körte a proposito della 'Hepatoscopy and Astrology in Babylon and Assyria', di cui soltanto il Jastrow si occupa; a suo avviso (p. 655) il fegato di Piacenza 'dating from about the third century B. C. was used as an object lesson for instruction in hepatoskopy, precisely as the clay model of a liver dating from the

di Lenno e con le molteplici indicazioni dell' archeologia, ci fanno guardare all' Oriente.

Checchè sia di ciò, concludo osservando che l'estimazione storica dell' onomastico latino etrusco costringe bensì, nel parer mio, a formulare la questione della lingua etrusca alquanto più crudamente che non si soglia, ed a riconoscere anche nell' onomastico l'assoluta prevalenza degli Etruschi, come quelli dei quali soli sappiamo con certezza che diedero certe maniere di nomi, e possiamo fondatamente presumere che introdussero il prenome e fissarono la formola onomastica: insieme però essa ci dà modo di ricavare dalle difficoltà stesse e dalle contradizioni del problema insegnamenti profittevoli per l'ermeneutica, e però atti a prepaiarne ed affrettarne la soluzione. E primieramente in generale dalle cose predette riceve conferma splendidissima la sentenza del Bücheler (Rhein. Mus. XXXIX 409) doversi considerare come una ipotesi per sè stessa poco attendibile, che due potenti tronchi linguistici come l'Etrusco ed il Latino, pur non avendo avuto tra loro una innata comunanza, fossero vissuti per tanti secoli l'uno accanto all' altro senza che esercitassero tra di loro una considerevole influenza'): e però si conferma insieme doversi inevitabilmente contenere, come nel vocabolario latino osco umbro e simili, così nei testi etruschi di ogni maniera numerosi elementi latini o simili, comunque e quando che sia venuti, non di rado verisimilmente più o meno velati, che giova anzitutto ricercare per farne leva nelle interpretazioni, senza suggestioni corsseniane, come senza anticorsseniane preoccupazioni, e senza limitazioni aprioristiche di qualità, perchè nessun limite di per sè stesso avvertesi nelle lingue rispetto ai vicende

Hammurabi period was used in a Babylonian temple school'. Crede poi il Carter, daß die Etrusker diesen Teil ihrer Religion wahrscheinlich in einer ausgebildeten Form nach Italien mit sich brachten': ora ra io mi domando come mai salvo lat. haru- di cui dubitavasi che provenga da un cuneiforme har fegato' (cf. Skutsch, La lingua etr. trad. Pontrandolfi p. 33), tutti i termini tecnici del Lazio, di cui ci pervenne notizia (Saggi e App. 179 fissum familiare od hostile o vitale, praesegmina, rimae e rupturae, limes, labes, fibrae ecc.) sono prette latine? E mi permetto osservare d'occasione, che anche il rinvio (p. 81 n. 5) a 'Schulze bei Thulin' per lat. gruma da gr. voua per via etrusca, come 'unzweideutiges Zeugnis' dell' etrusca origine della limitazione, sfortunatamente non serve, giacchè ivi si ripete soltanto, come da un pezzo sappiamo, che Schulze 'annunziò' la esposizione e dimostrazione futura di quel suo giusto pensiero etimologico (io addurrei a rincalzo Cnepni Crepni, entram cletram cltral) con riferimento evidente all' indice della nota memoria berlinese (Ber. Berl. Akad. 1905 XXVI 709).

1) Cosi a proposito di lat. frontesia rimpetto ad etr. fronta col quale inelino anch'io pur sempre a mandare eziandio l'osco frunter, cioè frunt-er (cf. Deecke Etr. Forsch. VII 57 e Planta Gramm. II 640 frun-ter, esitante a cagione di -ter per tor) come front-ac, anche per confronto, se mai, con etr. caper-c allato a caperi cape.

Mitteilungen und Nachrichten.

Researches in Syria and Ethiopia 1).

By John Garstang.

At Sakje-Geuzi in the extreme north of Syria work was resumed on the small mound, in which, some years ago, of former expedition had located a Royal Palace). On this occasion, this small mound was completely excavated. Its main fortification was a quadrangular wall, 4 metres thick, with repeated external buttresses of the well-known Syrian type. The extreme length of the enclosure was 130 by 100 metres, and there is only one place, near the north western corner, where there is any deviation from the regular form. There seems to have been only one gateway through the walls and this was in the middle of the south western side. Here the excavators had no difficulty in finding the original position of the well-known Lion-Hunt relief now in the Vorderasiatische Museum at Berlin. The sockets of the gateposts remained in position together with the whole of one side of the flanking tower. Proceeding through the interior upon a pavement paved with sculptured slabs, which in turn gives way to a cobbled pavement, the portico of the Palace is reached in the right hand or north eastern corner of the area; its whole plan, in fact all that end of the enclosure, has been recovered. The walls of the palace were built upon extremely solid foundations, 3 metres in thickness. The upper courses were clearly carried up in brick, being in some places preserved to a height from 10 to 14 courses. The original height of the building, according to calculation based upon evidence observed, was about 5 metres. In the interior are 7 chambers, two of which are of considerable dimensions. The doorways in all cases have been traced either by actual evidence in the walls themselves, or by the positions of the gate sockets. The sculptures which decorated this portico are already known. Some reproductions have been acquired in Berlin, and a reconstruction is being set up in the public museums of Liverpool.

The first great hall to which this entrance gives access was freely decorated with interesting sculptured slabs, and a stairway to the right hand leading up to a higher floor seems to have been similarly ornamented. To the left hand a door leads out to a cobbled courtyard, from which a flight of stone steps gave access to the main wall and, presumably, to the ramparts. In general, the disposition of all the buildings in the interior reminds the excavators of the plan of the Royal Palace at the foot of the Acropolis at Boghaz-Keui in that a double series of rooms runs around, leaving, apparently, an open space in the centre.

The remarkable accumulation of Hittite pottery on the outside of the wall, and traced back to Neolithic times, has been carefully restudied by two of my students, Mr. Hamilton-Beattie and Mr. Phythian-Adams, who made a further

1) Die vom Archäologischen Institut der Universität Liverpool ausgesandten Expeditionen nach Nordsyrien und nach dem Sudan sind jetzt zurückgekehrt, und ihr Leiter, Professor Garstang, gibt im Folgenden einen kurzen Überblick über deren Ergebnisse. Red.

2) See Liverpool Annals of Archaeology, 1908.

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