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nicht mehr war. Zweifellos hat er vor Veturius Macrinus, nach T. Pactumeius Magnus fungiert.

Es ergiebt sich uns also nach den bisher vorliegenden Quellen folgende Chronologie der praef. Aeg. für die hier in Betracht kommende Zeit. Wenn wir die kurze Amtsdauer der oberen Beamten unter Commodus in Betracht ziehen, dürften neue Funde dieses Bild wohl noch mannigfach verändern.

T. Pactumeius Magnus: 175 176 (Fayûm Towns 159), 28. März 177 (BGU. 525), ? (BGU. 823; CIG. 4704).

Flavius Priscus: vor 181 (BGU. 12 v. 12 ff.).

Veturius Macrinus: 25. Juni 181 (Gizeh-Mus. 9288). Mai bis August 183 (BGU. 847).

T. Longaeus Rufus: April bis Juli 185 (Amh. P. II n. 173; 107: 174), April bis Ende 185 (Oxyr. P. II n. 237 p. 145), c. 185 (Amh. P. II n. 79 v. 11. 28; n. 176; 177; BGU. 807, 10), 185, 186 (Amh. P. II n. 108; 175), ?(CIL. III. 14187).

Pomponius Faustianus: Januar bis Juni 186 (Oxyr. P. II n. 237 VI, 32 ff.; VII, 6), c. 186 (Amh. P. II n. 79), September 187 (BGU. 842), ?(CIG. 4683 Add. p. 1186).

M. Aurelius Papirius Dionysius: vor 189 (Prosopogr. Imp. R. A. 1283).

Ich füge kurz die sonst für die praefecti Aegypti in Betracht kommenden neuen Urkunden des vergangenen Jahres hinzu:

L. Julius Vestinus (59—61 p.): Amh. P. II n. 68 R., 21: 59 60 p. Ursus (bisher unbekannt): Amh. P. II n. 68 V., 39. 67: Vorgänger des C. Septimius Vegetus (c. 86-88), also c. 84 85; vgl. Prosop. C. 1205; I. 416-418; U. 688.

M. Mettius Rufus (89 90 p.): Amh. P. II n. 68 V., 69.

C. Minicius Italus (Vorgänger des Vibius Maximus: s. GRENFELL AND HUNT, Amh. P. II n. 64: 99 bis c. 103 p.): BGU. 908, 17.

C. Vibius Marimus (c. 103-107): (Rev. arch. 1883 II, 177: 103 104. CIL. III, 38: 16. Febr. 104. —) Amh. P. II n. 65 I, 9 ff.: 19. April 105. — Amh. P. II n. 64: 26. März 107.

C. Flavius Sulpicius Similis (von 107 an): (BGU. 140: 4. August 107. —)1) Amh. P. II. n. 64 v. 10 ff.: 107. — (Fay. T. 117, 5: 14. Januar 108. CIL. III, 24: CIG. 4713 c.: 108 109. CIG. 4714: 14. Mai 109. — Oxyr. P. II. n. 237 VIII, 27: 8. November 109 (?). —) Amh. P. II n. 65 I. M. Rutilius Lupus (114-117): Amh. P. II. n. 70.

M. Furius Victorinus: wird in einer unedierten syrischen Inschrift, wie SEYMOUR DE RICCI mitteilt, als Präfekt erwähnt; s. Prosop. F. 409. Vielleicht fungiert er als solcher zwischen M. Sempronius Liberalis und L. Volusius Maecianus, also e. 158 p. Postumus ist als praefectus Aegypti zu streichen. M. Bassaeus Rufus (166-169): BGU 903: 168 169.

Q. Maecius Lactus (c. 201): wird in einem unedierten Papyrus, dessen Photographie mir HAUSSOULLIER gütigst zugesandt, als Präfekt erwähnt.

Merius Honoratianus (c. 231–233): Amh. P. II n. 80, 12: 20. August 233.- Amh. P. II n. 67, 13.

Valerius Firmus (bisher unbekannt): Amh. P. II n. 72: 16. Juni 246. Amh. P. II n. 81: 3. Mai 246 bis 26. März 247. Vgl. Prosop. B. 24.

1) Im soeben erschienenen Hermes Bd. 37, Heft 1 weist WILCKEN durch Korrektur der Lesung nuts in Peunis (Q. Rhammius Martialis und Ergänzung des Konsulnamens BGU. 140 in das Jahr 119. Näheres im nächsten Heft dieser Beiträge. Korr.Zusatz 5. III. 02)).

Quaestiunculae.

F. P. Garofalo.

I.

Sulla Colonia Julia Augusta Vienna.

Questa Colonia, cioè il capoluogo della Civitas Allobrogum, non vera Colonia cioé con deductio, ma semplicemente nominale e onoraria, passó successivamente attraverso le fasi del diritto del Latium, e poi di quello della completa cittadinanza romana (conferito l'uno e l'altro jus agli abitanti).1)

La Latinitas, che come si vede dai nummi essa aveva ancora nel tempo antecedente all'a. 727/27,2) fu largita o da Cesare,3) o meglio forse, in conformità alle vedute politiche del grande uomo di Stato, dai Triumviri, e piuttostoché da Antonio, da Ottavio (onde l'intestazione nei nummi: Colonia Julia Viennensium).

La Civitas romana fu concessa da Augusto.4) Secondo l'opinione MOMMSENIANA, ció avvenne sotto Caligola (probabilmente durante il soggiorno di costui in Gallia, nel 39 e 40 d. C.).

Il solidum civitatis romanae beneficium, che, come disse l'imperatore Claudio nel suo famoso discorso al Senato, nell'a. 48, era stato giá conseguito dall' ornatissima colonia valentissimaque Viennensium e dopoché essa aveva dato senatori e anche magistrati elevati e qualche console, cioé dopo il consolato, come generalmente si ammette, del Viennese L. Valerius Asiaticus (console la prima volta anteriormente al 41), dovette esser concesso in un tempo antecedente al 48, peró non bene determinabile, da Caligola o da Tiberio ovvero da Claudio. Tale beneficium consistette nell' accordare alcune limitazioni al diritto della romana cittadinanza, che ancora rimaneva a dare fin dal tempo di Augusto.5) Si riferivano esse all' ius honorum probabilmente; cioé mentre prima l'ammissione in senato e anche l'elevazione ad alte cariche imperiali avvenivano per favore speciale dei Cesari, diventarono poscia diritto generale della colonia.")

Non é peró inverosimile che l'espressione usata da Claudio concerna qualcosa di piú del comune diritto di cittadinanza romana, e precisamente, il jus Italicum, che la nostra colonia ebbe, come ne fu rivestita Lugudunum: questa probabilmente per concessione di Claudio.7)

II.

Sulla Colonia Copia Lugudunum.

Un senatus consultum del 711/43 invitava L. Munatius Plancus e M. Aemilius Lepidus a fondare una nuova sede per coloro ch'erano stati cacciati da Vienna per opera di quegl'indigeni Allobroges.) Siffatta deductio benché l'incarico fosse

1) Se realmente sia esistita una vera e propria colonia, scomparsa per effetto di espulsione dei coloni per parte degl'indigeni, diremo più innanzi.

2) Vedi nostro libro sugli Allobroges, 1895, p. 81 (egli autori ivi citati); HIRSCHFELD in CIL. XII, p. 218; e l'articolo del KORNEMANN in PAULY-WISSOWA Encycl., s. v. Coloniae, no 191.

3) Cf. tra gli altri E. DE RUGGIERO, in Bullettino dell'Istituto di diritto romano, V (1892), p. 412 sg.

etc

4) Vedi Strabon IV 6, 4

Plinio (N. H. III 4, 36) puó aver attinto a fonti

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6) V. nostro libro, pag. 83 sg.

7) Vedi Paul. in Dig. L 15, 8, 1 (Cf. anche DE RUGGIERO, in Dizion. epigr. di Ant. rom., s. v. Colonia, p. 443).

8) Cass. Dio XLVI 50; Cf. anche CIL. X 6087; Senec., Ep. XCI 14. HIRSCHFELD in CIL. XIII 1, p. 248 sg.; e un cenno in PAULY-WISSOwa cit., n.o 97. 31*

Vedi

affidato anche a Lepido, governatore della Narbonensis, e di tutta la Narbonensis, fu opera esclusiva di Planco, come i documenti concordi comprovano.1)

Il senatus consultum fu certamente anteriore al 29 maggio (data dell'unione di Lepido con M. Antonio), e probabilmente fu prima anche della battaglia di Modena,) anzi prima del tempo in cui si diede ai due predetti governatori l'ordine di mettersi in marcia per l'Italia. L'incarico cui si riferisce il decreto del senato, se fosse stato dato dopo la battaglia Modenese, avrebbe fatto apparire troppo chiaramente e ingenuamente la paura del senato nel desiderio di fermare in Gallia con un pretesto qualunque i due personaggi, dei quali si diffidava. Discutiamo ora brevemente due interessanti questioni:

1) Quando era avvenuta l'espulsione da Vienna?

2) Gli espulsi erano Coloni romani?

1) L'espulsione non può esser avvenuta né nell'a. 693 612) né proprio nel medesimo anno 711/43 piuttostoché nel precedente 44. Dovette succedere alla morte di Cesare, nel corso dei torbidi che a questa seguirono. Un certo intervallo probabilmente corse fra l'espulsione e la deductio.")

2) Che fossero coloni romani, non é necessario conchiudere dal fatto che Lugudunum ebbe subito la cittadinanza romana. Non é detto che una colonia romana vi fosse giá dedotta da Cesare,1) o che ivi fossero stanziati cittadini romani per affari o simil cosa.5) Nulla inoltre si sa di deductio di veterani fatta da Planco.6)

Noi preferiamo di credere, che i cacciati fossero una parte degli Allobroges medesimi, mandata via dai propri conterranei, per effetto delle discordie intestine divampate dopo la morte di Cesare. Essa ebbe una sede buona e non lontana, insieme con la civitas romana.

Nel caso diverso, non si comprenderebbe l'impunitá lasciata a chi aveva offeso cittadini romani. Certamente, se pure il senato si fosse mostrato debole, i Triumviri e Augusto non avrebbero fatto correre una simile offesa.

III.

Sul numero delle civitates Galliche.

Le civitates Galliche erano certamente 64 nel secondo secolo, come sono date da Ptolem.) Tale cifra é identica a quella riferita da Tacit. (Annal. III 44; cf. Serv. ad. Aen. I 286) e per l'a. 21 d. C.

Che 60 fossero quelle aventi la propria rappresentanza in Lugdunum nel concilium Galliarum, lo dice Strabon. (IV 3, 2). Ora pur attribuendo valore preciso a questa notizia, non possiamo realmente conoscere quali fossero, nel tempo di Augusto, le civitates vere e proprie, e ogni studio statistico comparativo manca di basi sicure.) Che sin da principio fossero 60 in tutto e

1) V. nostro volume sugli Allobroges, p. 73, n. 2; e p. 76 sg.

2) Vedi anche nostro articolo Osservazioni al vol. XIII 1 del CIL. (in Boll. di filol. classica, febbr. 1901).

3) Come si potrebbe desumere dalla parola noté di Cass. Dio 1. c.

4) Una tale colonia non avrebbe avuto nessuna ragione militare e strategica in un paese che pacificamente si sviluppava nel senso romano, e vicino al quale sorgeva quasi nel medesimo tempo la Colonia Equestris (Noviodunum).

5) V. nostro libro cit., pp. 78 e 80.

6) Niente sul proposito si rileva dalla somiglianza d'iscrizioni Lionesi con Retiche (Vedi CIL. cit., p. 249, n. 4).

7) Veramente egli ne dá 63. La mancante è forse quella degli Ubii (?). Vedi mio libro sugli Helvetii, 2 ed, p. 79, nota d.

8) Come fa con molta diligenza il KORNEMANN, nella presente Raccolta, I 2, p. 331 sgg. Del resto quest'egregio scrittore distrugge da sé stesso la propria asserzione, giacché dai numeri totali 60 o 62 (secondo le due liste o redazioni di lista da lui

poi divenissero 64 (probabilmente nel medesimo tempo di Augusto) é possibile, come anche é possibile che ammontasse a 64 il numero fin dal primo momento. Nella prima ipotesi, non é da escludere né é provato il contrario che le

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nuove 4 fossero ammesse alla stessa rappresentanza. Esse non potrebbero trovarsi nell' Aquitania iberica (ché qui non furono mai quattro1)), ma solamente nelle Germaniae; e molto probabilmente, non sarebbero risultate che da frazionamento delle civitates della Belgica piú vaste.2)

Nachträgliches zur historischen Semiramis.

Von C. F. Lehmann.

Zu S. 259 sub 3 und S. 277 f. Nach MARQUARTS erwägenswerten Darlegungen (Chronologische Untersuchungen, Philologus, Suppl. VII und separat, S, 642[8]) geben auch die auf Semiramis bezüglichen Worte des armenischen Eusebius (Chronic. p. 25, 14 sq., SCHOENE) nach Polyhistor in dem Zusammenhange, wie sie dastehen, einen verständlichen Sinn, sodass sie eine Erwähnung unter den Nachrichten über die historische Semiramis verdienten.

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S. 280 Abs. 2 a. E. ist zu lesen. Vor Adadnirari III. werden sie" (die Meder) dagegen nur erwähnt von dessen Grossvater Salmanassar II. der in seinem 24. Regierungsjahre (836) unter anderen Völkern auch die Amadai(a) bekämpft, und von seinem Vater (Salmanassars II. Sohn) Samsi- Adad (Kol. III, 27 ), der die Matai(a) bekämpft. Also unter dem Grossvater und Vater gleichsam Vorgefechte mit der Vorhut des eindringenden indogermanischen Volkes, dessen Gros der Sohn zum ersten Male und wiederholt die Spitze zu bieten hat."

Zu S. 280 f. Anm. 7. Eine Erinnerung an die wiederholten Kämpfe, die Sammuramats Gemahl Adadnirari III. gegen das später von Armeniern bewohnte Land und Reich Chaldia, zu bestehen hatte, findet sich auch in der sagenhaften Tradition, wie bekanntlich Diodor II 18 und, woran mich Herr CRÖNERT erinnert, der Ninos-Roman (Hermes 28, S. 161 ff.), Kol. II, III zeigen. Vgl. dazu WILCKEN a. a. O. S. 186 u. Anm. 2. Adad-nirari III. setzt auch hier in gesteigertem Maasse fort, was Salmanassar II. und Samsi-Adad (s. dessen Nairi-Feldzüge 821-19, S. 261 f. Anm. 4) begonnen hatten.

Zur Entstehung des Sexagesimalsystems und des sexagesimalen babylonischen Längenmaasses.

Von C. F. Lehmann.

ZIMMERNS oben S. 400 Anm. 1 genannte Abhandlung Das Princip unserer Zeit- und Raumteilung (Sitzungsber, sächs. Ges. d. W. 14. Nov. 1901, S. 47—61) liegt jetzt im Reindruck veröffentlicht vor. Soweit die Arbeit die bekannten Beziehungen zwischen unserer und der babylonischen Zeiteinteilung, namentlich der späteren Zeit, in klarer Weise zur Darstellung bringt, ist sie dankbar zu begrüssen. Auch auf die stärkere Betonung des Jahreskreises und Jahres-KAS.PU., in der wir zusammentreffen, ist hinzuweisen. Ferner enthalten die Anmerkungen eine Fülle wertvollster philologischer Erörterungen, namentlich teils schlagende, immaginate) togliendo quello delle civitates presunte escluse dalla rappresentanza di Lione, non si avrebbe il numero di 60, ch'é per il KORNEMANN il dato fondamentale. 1) Cf. contrariamente all'opinione dell' HIRSCHFELD, il mio articolo in Bollettino di filologia classica, anno VII (Febbr. 1901). 2) Rimando al citato volume sugli Helvetii, pag. 79.

teils erwägenswerte Vorschläge zur Lesung und Grundbedeutung von Ideogrammen nnd zur Etymologie der Maass- und Zeitbezeichnungen.

ZIMMERNS Hauptziel aber ist: von dem eigentlichen Ausgangspunkt dieser Zeit- und Raumteilung und damit zusammenhängend von dem wirklichen Ursprung der ganzen Sexagesimalrechnung" die nach ZIMMERNS Ansicht bisher fehlende Erklärung" zu geben, die in jeder Hinsicht befriedigte".

Hier bedürfen ZIMMERNS Auslassungen, sowohl dieser ihrer Voraussetzung wie ihrem sonstigen Inhalt nach, vielfach nachdrücklicher Richtigstellung.

Die Ansicht, dass der Ursprung der 60 auf dem Verhältnis des Sonnendurchmessers zur Ekliptik beruhe, schreibt ZIMMERN (S. 47, Anm. 2) BRANDIS zu und erklärt meine Ableitung, in der das Verhältnis des Sonnendurchmessers zu 11 der Ekliptik, zur Doppelstunde, betont wird (vgl. oben S. 350), für eine Modifikation der BRANDISschen Ansicht.

12

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Dies ist unrichtig. Hätte BRANDIS (S. 17 f.) die Ableitung der 60 aus dem Verhältnis des scheinbaren Sonnendurchmessers zur Ekliptik bereits ausgesprochen, so hätte ich nicht, unter Hinweis (Congr. S. 249, Anm. 1, s. o. S. 382) auf eben jene Worte von BRANDIS, an dessen Hand ich ja überhaupt in die Metrologie eingedrungen bin (BMG W. passim), die Frage als ein Problem zu bezeichnen und mich, da mich LETRONNES und CANTORS Ableitung nicht befriedigte, Jahre lang mit dessen Lösung abzumühen brauchen. Aber BRANDIS vermeidet es gerade, sich über die Entstehung der 60 und der 6 in irgend einer klaren Form zu äussern: es war offenbar hier eine Lücke in seinen Vorstellungen. Während er von der Einteilung des äquinoctialen Tageskreises in ,720 Stadien“, „360 Doppelstadien“, der Einteilung der 12 Zeichen der Ekliptik') in je 30 Teile" oder „Grade" unter ausdrücklicher Anführung dieser Zahlen spricht, redet BRANDIS von der Sechzigteilung deutlich erst bei der Einteilung jener kleineren Grösse, des Teiles" oder „Grades". So ist denn auch ehe ich die genannte Ableitung der 60 aus der Zeitrechnung veröffentlichte, eine solche in der bewussten Stelle bei BRANDIS niemals gefunden worden; auch z. B. von CANTOR nicht, der BRANDIS' Werk anerkennend citiert (Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, S. 79, Anm. 10) und verwertet, aber die Herleitung der 60 als ein völlig neues Problem behandelt: ,wir glauben indessen doch auf der richtigen Spur gewesen zu sein, als wir das astronomische Gebiet betraten, denn dort däucht uns liegt der Ursprung dieser Wahl." — Noch irriger ist es, wenn ZIMMERN behauptet, BRANDIS beriefe sich für seine Herleitung bereits auf LETRONNE. Denn LETRONNE in seiner mir seit langem infolge von BRANDIS' Hinweise wohlbekannten Abhandlung glaubt, dass die, nach seiner Ansicht aus der ursprünglicheren Zahl 720 durch Hälftelung entstandene, 360 deshalb von Hipparch und den übrigen Mathematikern bevorzugt sei, ‚à ce qu'il leur fournissoit un nombre plus simple pour le rayon ou le côté de l'hexagone 60, d. h. LETRONNE giebt für die Entstehung der 60 gerade die andere (geometrische) Erklärung, die neben der von mir auf dem Gebiete der Zeitrechnung gefundenen in Betracht kommt. Vgl. oben S. 350, S. 391 ff., an welch letzterer Stelle deshalb auch LETRONNE vor CANTOR genannt ist, der von jenem unabhängig diese Erklärung gegeben hat.

360 6

=

ZIMMERN freilich glaubt eine andere Herleitung der 60 gefunden zu haben. Suššu bedeutet ursprünglich 1 (o. S. 391).

Somit", sagt ZIMMERN, muss die Zahl 60 ihrem Ursprunge nach eine solche bekannte Grösse in der Natur2) sein, die gleichzeitig sowohl das 60 fache einer 1-fachen

1) Zur Frage nach den Beziehungen der Tierkreisbilder zu den Helfern der Tiamat (S. 368 u. Anm. 2) ist noch zu verweisen auf HOMMEL, Aufsätze und Abhandlungen II, S. 265 f., und III, S. 395 Aum. 2.

2) Von mir gesperrt.

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