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Rodii. Inoltre se Filippo avesse allora strappato ai Rodii le Cicladi, Polibio non si sarebbe limitato, per confutare i prelodati storici, solo a ricordare l'omaggio di Mileto (Polyb. XV 15, 5—8) a Filippo, ma avrebbe senz' altro rilevato lo strappo d'una parte così cospicua di territorio dall' impero Rodio. Invero senza supporre un' egemonia dei Rodii nelle Cicladi, si comprende come essi per proteggere i loro commerci intraprendessero la difesa delle isole minacciate dalle incursioni, e tra queste quelle soggette all' Egitto si rivolgessero ai Rodii, visto che da Tolomeo non potevano sperare soccorso 1).

Le ragioni di questa condotta passiva del re d'Egitto vanno cercate nelle condizioni interne del paese. Non occorre ricordare che all' indomani della battaglia di Rafia (217 a. Cr.) incominciò la reazione dell' elemento indigeno contro il greco (Pol. b. V 107, 1) e che queste discordie intestine si prolungarono per un buon tratto del regno di Tolomeo Epifane 2). Altri stati hanno trovato l'energia di condurre imprese militari all' estero mentre comprimevano i movimenti rivoluzionari all' interno, ma non era l'Egitto sotto il Filopatore capace di questa forza di resistenza, anche ammesso, anzi forse appunto per questo, che non fosse tutta colpa del monarca la rinuncia ad ogni velleità imperialistica (Polyb. V 34, 8-9). Pertanto, non potendo difendere i domini insulari che gli erano ancora rimasti, era costretto a tollerare che gli abitanti di questi provvedessero ai casi propri, invocando l'intervento di uno stato interessato a difendere i territori marittimi dalle aggressioni di corsari. Infatti per contrastare con le armi ai Rodi il diritto di stringere trattati con staterelli posti nominalmente sotto la sua sudditanza si sarebbe richiesta quella preparazione e decisione alla guerra necessaria per propulsare le aggressioni piratesche. Ma se è naturale e spiegabile la connivenza dell' Egitto a quest' azione dei Rodii, con i quali non aveva motivi di rivalità, non sarebbe stato in niun modo da aspettarsi che il sovrano d'Egitto si potesse rassegnare senza reagire ad un' usurpazione manifesta dei suoi territori da parte

1) Non si può vedere l'attestazione d'una sovranità dei Rodii nelle Cicladi in queste parole di Polibio IV 47,1 πάντες δ' ἐνεκάλουν οἱ πλωΐζόμενοι τοῖς Ροδίοις διὰ τὸ δοκεῖν τούτους προεστάναι τῶν κατὰ θάλασσαν. Per altra via, cioè appoggiandosi a un passo di Polibio (V 105, 6-7) giunge a negare l'egemonia rodia sulle Cicladi il Graindor (ibid. p. 11-12). Vedi anche Roussel BCH XXXI p. 360, ed Herzog, Klio II p. 333.

2) Dittenberger OGI I n. 90 lin. 2 p. 142: ...ávtinákov črepréqov. L'opinione del Mahaffy (The empire of the Ptolemies p. 273 = History of Egypte p. 140), seguita dal Niese (II p. 406), che connette con queste ribellioni la notizia diodorea (III 6) sulla defezione d'Ergamene da Tolomeo Filadelfo non resiste per nulla alla critica. Poichè, se anche si ammette la possibilità d'un errore di Diodoro, che abbia scambiato il secondo col quarto Tolomeo, o meglio d'una corruttela nel testo di Diodoro (devtoos scritto per d'), è chiaro che la defezione d'Ergamene, principe etiope, non ha nulla a vedere con la riscossa d'un popolo assoggettato. Cfr. Beloch (III 2 p. 286) che tacitamente repudia quest' opinione.

del re di Macedonia, col quale esisteva un tradizionale antagonismo; e quindi l'anessione delle Cicladi e delle coste dell' Egeo doveano far parte del programma di conquista armata per cui Filippo si alleò con Antioco.

Che Filippo dovesse impadronirsi delle isole e del litorale dell' Egeo sottoposto a Tolomeo, è attestato esplicitamente da Polibio (III 2, 8); Οἷς ἐπισυνάψομεν τὰς περὶ τὴν Αἴγυπτον ταραχὰς καὶ τίνα τρόπον Πτολεμαίου τοῦ βασιλέως μεταλλάξαντος τὸν βίον συμφρονήσαντες Αντίοχος καὶ Φίλιππος ἐπὶ διαιρέσει τῆς τοῦ καταλελειμμένου παιδὸς ἀρχῆς ἤρξαντο κακοπραγμονεῖν καὶ τὰς χεῖρας ἐπιβάλλειν, Φίλιππος μὲν τοῖς κατ' Αἴγυπτον καὶ Καρίαν καὶ Σάμον, ̓Αντίοχος δὲ τοῖς κατὰ Koilyy Evoiav zai Þowizny (cfr. Niese, Geschichte II p. 578 n. 1) dove all' assurdo Aiyvлtor il Niebuhr sostitui Aiyaiov1). Vero è che quest' emendazione è stata ritenuta falsa perchè in disaccordo con la cronologia delle guerre di Filippo in Asia negli anni 202-2012), e giudicata d'una grecità sospetta. Ma l'Holleaux il quale vede nelle imprese significate col τοῖς . . . . κατὰ Καρίαν non già le spedizioni di Filippo in Caria nel 201, bensi le incursioni dei satelliti di Filippo contro Jaso compiute nel 202, quasi contemporaneamente al colpo di mano su Cio, corregge l'Aiуvлτоν in Kiov, pur facendo delle riserve su questa congettura ). In tal γυπτον modo gli sembra d'avere eliminata l'unica testimonianza autorevole per l'esistenza d'un residuo di dominio tolemaico nell' arcipelago. Senonchè la correzione dell' Holleaux non solo è incerta, ma secondo il mio avviso inaccettabile. Egli primieramente esige da Polibio un ordine cronologico che nessun scrittore si è mai imposto in un cenno anticipativo, dove formula sommariamente il programma della materia da trattare'); in secondo luogo la presa di Cio non poteva far parte d'un piano di spartizione dei domini tolemaici tra Filippo e Antioco, poichè Cio non ha mai appartenuto all' Egitto, o almeno non gli apparteneva nell' ultimo decennio del terzo secolo, ma faceva parte della lega etolica 5). Finalmente non sono

1) Abhandlungen der Berliner Akademie 1820. 1 p. 106. Vedi le edizioni dell' Hultsch e del Büttner-Wobst.

2) Revue des Études Grecques XII 1899 p. 20. 37, dove l'Holleaux illustra tre iscrizioni rodie contenenti la deliberazione di soccorrere i Jasii contro le incursioni di Olimpico e Podilo, satelliti di Filippo.

3) Ib. p. 37 n. 2, Les manuscrits donnent zar' Alyvrtov, que Niebuhr a remplacé par xar' Alyanov. Cette conjecture a été unanimement accepté par tous les éditeurs plus récents: mais l'expression zar' Alyanov, pour désigner les îles de la mer Égée, me semble tout à fait insolite; et d'autre part, il serait bien étrange que Polybe n'eût pas rappelé d'un mot les entreprises de Philippe contre les cités de la Propontide: c'est pourquoi que je propose, d'ailleurs sous reserves, la correction zar[à] Kior (cioè KATAKION corotto in KATAIYПTTON). Vedi ancora BCH ib. p. 111 n. 2 mais cette conjecture n'est guère acceptable, étant d'une grécité douteuse“. 4) Cic. De imper. Cn. Pomp. 6, 14; Liv. IX 19, 14. In ambedue i luoghi la guerra dei Romani con Antioco è nominata prima di quella con Filippo.

5) Polyb. XV 21, 3-8; XVIII 3, 12; Liv. XXXII 33, 16; Niese II p. 582. Klio, Beiträge zur alten Geschichte XI 3.

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giustificati i dubbi contro la grecità dell' espressione zar' Aïyaιov1), e, riconoscinta la legittimità di quest' uso, non vi è ragione di rinunclare al riscontro di Appiano, che pone τὰς Κυκλάδας νήσους nella porzione di preda spettante a Filippo nella divisione del regno tolemaico tra lui e Antioco, solo perchè il luogo d'Appiano rigurgita d'errori2).

Non è adunque temerario supporre che gli effetti della battaglia d'Andro venissero neutralizzati prima dalle complicazioni per cui Antigono Dosone si dovette rassegnare a cedere agli Etoli l'Acaia Ftiotide, la Tessaliotide e l'Estieotide 3), poscia dalla guerra cleomenica, della quale profittava Tolomeo per ricuperare qualche perduto territorio nell' Egeo. La guerra sociale sotto Filippo e forse la guerra successiva con gli Etoli distrassero l'attenzione del giovane re da ogni mira a rignadagnare la posizione che la vittoria navale d'Andro avea pel momento creato alla Macedonia). I Rodii che avevano vitali interessi da tutelare profittarono degli imbarazzi del re di Macedonia e dell' inerzia di Tolomeo Filopatore e per assumere un patronato nel mare Egeo, ma a un protettorato formale non pervennero che dopo la seconda guerra macedonica.

1) Nell' espressione zar' Alyarov veggo una metonimia nè inusitata nè inelegante, e la coordinazione di toię zar' Alyaior con gli altri due membri indicanti senz'altro i luoghi, meta delle ambizioni di Filippo, è tanto giustificata come la seguente in Appiano (Mithrid. 95): Σικελίαν καὶ τὸν Ἰόνιον ἐφύλασσον αὐτῷ Πλώ τιός τε Ούαρος καὶ Τερέντιος Ονάρρων μέχρι ̓Ακαρνανίας.

2) App. Maced. 4,1: λόγος τε ἦν ὅτι Φίλιππος καὶ ̓Αντίοχος ὁ Σύρων βασιλεὺς ὑπόσχοιντο ἀλλήλοις, ̓Αντιόχῳ μὲν ὁ Φίλιππος στρατεύειν ἐπί τε 'Αἴγυπτον καὶ ἐπὶ Κύπρον, ὧν τότε ἦρχεν ἔτι παῖς ὢν Πτολεμαῖος ὁ τέταρτος, ο Φιλοπάτωρ ἐπώνυμον ἦν, Φιλίππῳ δ ̓ ̓Αντίοχος ἐπὶ Κυρήνην καὶ τὰς Κυκλάδας νήσους καὶ Ἰωνίαν. Gli errori che si notano in questo luogo provano solo l'imperizia del compilatore; ma non è questo un motivo per condannare in blocco la testimonianza, come fa l'Holleaux (ib. p. 112 n.). Con questo criterio dovremmo rinunciare a valerci non solo di Appiano, ma anche di Plutarco e di Diodoro. Appiano confonde il Filopatore con l'Epifane, e si spiega: nella sua fonte trovava nominato soltanto Tolomeo, ed egli ha supplito a memoria l'epiteto. Appiano inoltre ha, per equivoco o per guasta lezione del suo testo, letto Kronvnv invece di Kapiar, come par sospetti anche l'Holleaux. Ma τὰς Κυκλάδας νήσους non le ha poste di sua testa. Questo cenno deriva indirettamente da Polibio.

3) Si potrà discutere sulle modalità, ma la tesi del Beloch (III 2 p. 340 sg.) che queste province fossero incorporate alla lega etolica nei primi anni del regno di Antigono Dosone, è senza dubbio giusta. Inoltre la ribellione dei Tessali (Trog. Prol. XXVIII, lust. XXVIII 3, 14) mostra come non fosse ancor molto salda l'egemonia della Macedonia nei paesi sottomessi o legati con qualche patto federale. Si comprende perciò che non fosse facile conservare i dominii marittimi.

4) La questione se Antigono Dosone o Filippo avesse trascurato l'incremento della marina, è fino a un certo punto secondaria. Del resto dalla lettura dei luoghi di Polibio (V 2, 4, 7, 11) non si ricava punto che la flotta macedonica fosse stremata del tutto, come ritiene l'Holleaux (ib. p. 107 n. 3). Si comprende come, dovendo lottare con un popolo di pirati come gli Etoli si dovessero raddoppiare le cure e le esercitazioni. Inoltre, dal momento che gli Achei erano alleati dei Macedoni, è chiaro che si cercava di ottenere con la consociazione il massimo delle forze.

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Appendice. Il manoscritto del presente lavoro era stato consegnato da circa un anno alla direzione del periodico Klio, quando venne alla luce (o almeno venne a mia conoscenza) l'opuscolo Der Bund der Nesioten del dottor Werner König. Anch' egli ritiene (p. 18-31; specialmente p. 28-30) che il dominio egiziano siasi conservato nelle Cicladi durante il regno di Tolomeo Filopatore. giungendo spesso per altra via alle mia conclusioni, e consente con me anche nella difesa dell' emendazione proposta dal Niebuhr a Polyb. III 2, 8, contro i dubbi sollevati dall' Holleaux riguardo alla grecità della locuzione zar' Aiyatov. Però a p. 30 n. 7 ha citato per svista, a conforto della congettura niebuhriana, il III 2,8 che è appunto il luogo controverso, e il XVI 34, 1 di' Aiyaiov ποιησάμενος τὸν πλοῦν, la cui analogia col κατ' Αἴγαιον in discorso consiste solo nella mancanza dell' articolo. Ma non credo che per questa l'Holleaux abbia messo in dubbio la grecità della locuzione, bensi per l'uso di Αἴγαιον invece di Κυκλάδας.

Pisa, febbraio 1911.

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Vopiscus und die Biographie des Kaisers Tacitus.

Von Ernst Hohl.

II. Prüfung der vita Taciti des Vopiscus.

In cap. 1 und 2 bringt Vop. die Nachricht vom Interregnum nach dem Tode des Aurelianus. Dass es unmöglich ist, ein Interregnum in der Ausdehnung von sechs Monaten anzunehmen, ist heute allgemein zugegegeben). Stein bei P.-W. III, Sp. 2878 nimmt im Anschluss an v. Sadée. (De imp. Rom. III. p. Chr. s. temporibus constituendis, Diss. Bonn (1891) S. 50 f.) an, dass eine Verwechslung mit Tacitus' Regierungsdauer (Tac. 14, 5 sex mensibus; vgl. auch Eutrop IX 16) vorliege, worauf auch der Ausdruck interreges für Tacitus und Florianus (Tac. 14, 5) hinweise. Sehen wir uns nach den übrigen Zeugnissen für das Interregnum um, so finden wir ein solches ausser bei Vop. (A 40, 4 heisst es, dass das römische Reich sechs Monate keinen Herrscher gehabt habe; der bezeichnende Ausdruck interregnum ist vermieden) nur noch bei Aur. Vict. Caes. 36, 1 und in der Epitome 35, 9 erwähnt. Das führt uns also nach allem, was wir bis jetzt gesehen haben, ohne weiteres auf die Kaisergeschichte“ 2).

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Dass die Epitome das Interregnum sieben, die andern Quellen nur sechs Monate dauern lassen, ist eine Abweichung, die natürlich nicht auf eine andere Quelle schliessen lässt (sie ist entweder paläographisch zu erklären VII statt VI; oder aus einer Umsetzung in die Ordinalzahl, etwa dass die Quelle den Tacitus septimo mense nach dem Interregnum aufkommen liess).

Zu den Tendenzen der „Kaisergeschichte" stimmt das Interregnum vortrefflich. So entsteht eine grosse Zaesur zwischen dem gestrengen Aurelian, dem Pädagogen des Senats 3), und dem senatsfrommen Kaiser Tacitus, der nur von Senatsgnaden auf dem Throne sass. Dass freilich auch eine Anerkennung der gewaltigen Persönlichkeit Aurelians in dieser Konstruktion eines sechsmonatlichen Stillstands liegt, ist klar. So mächtig war die Wirkung auch noch des toten Herrschers, dass alles in guter Ordnung blieb. Nun ist es interessant, dass schon Aur. Vict. Caes. 35, 12

1) Th. Bernhardt (Politische Gesch. d. rom. Kais. Berl. 1867, S. 214) hat den unerhörten Fall einer Zwischenregierung noch ruhig hingenommen; vgl. jetzt Groag bei P.-W. V, Sp. 1403 f. und Stein, ebd. III, Sp. 2878.

2) So hat auch Groag bei P.-W. V, Sp. 1349 und 1404 geurteilt: „Die Berichte über das Interregnum sind aus der Kaiserchronik' geschöpft.“

3) A 37, 3; vgl. Jacob Burckhardt. Die Zeit Constantins d. Gr. 18802, S. 27.

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