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più copiosa di siffatte notizie, non è poi tale in realtà, chi pensi che a moltissime transazioni commerciali non abbisognava affatto l'intervento del Comune, e che perciò in alcuni casi speciali soltanto si può cogliere traccia di esse in quei registri. Prima di dirla compiuta, gioverà quindi estendere la ricerca agli atti d'indole privata, sia scovandone gli originali nell'archivio diplomatico ') e notarile, sia tentando di rilevarli indirettamente da altre serie, quale ad esempio quella delle cause portate dinanzi al tribunale della mercanzia, dove sono spessissimo riferiti per intero contratti di compagnie, ragioni o partite di alcun banco, lettere e consimili documenti che si cercherebbero invano altrove. Intendo sempre parlare dei secoli XIII e XIV, chè per i tempi più vicini a noi le fonti diventano assai più copiose.

Dal Diplomatico (provenienza S. Spirito) vien fuori appunto la pergamena qui pubblicata, nella quale m' imbattei mentre scorreva con tutt'altro scopo gli indici di quell'Archivio. Non credetti di far male a compiere l'opera del caso, mettendo in luce questo documento, tanto più ch'esso appartiene al secolo XIII, epoca nella quale il Codice diplom. istriano non ne registra che quattro di tal genere). Quest'atto non abbisogna di molte illustrazioni. I fratelli Tedaldini, come la maggior parte dei toscani che troviamo. lassù, vi erano migrati in seguito ai contrasti delle fazioni: banditi da Firenze come ghibellini nel 1268 3), fermarono stanza nel '76 in Capodistria, trafficando panni ed altre cose, nè io mette

1) La presenza di un fiorentino a Pola, probabilissimamente per ragioni di commercio, è attestata da quest'altro documento del Diplomatico (provenienza dell'Archivio Generale): « 1387, 8 maggio. Pole, in platea de Nanforis penes logiam Comunis, presentibus testibus Anthonio notario filio ser Michaelis Marinari de Pola, Zanino Jnçegnerio et marangono, et Nicoleto de Molino de Veneciis, civibus et habitatoribus Polensibus...., Johannes condam Francisci de Baronçellis de Florencia, habitator Pole, costituisce in suoi procuratori perriscuotere, piatire ecc. in Firenze, Bernardum cond. Vieri Guadagni e Andream cond. Sandri de Iraguxi (Ragugi) da Firenze. Michaelinus Tati filius cond. ser Zanini Tati notarius de Pola rog. ».

2) 1277, 13 agosto e 7 settembre; 1279, 25 agosto, e 1290, 20 giugno. 3) Fra i Ghibellini del popolo di S. Benedetto banditi nel 1268 si trovano parecchi dei Tedaldini, e uno di essi è appunto Banchus fil. dni Raynerii Ruzzij (P. ILDEFONSO, Delizie degli erud. Tosc., VIII, 277).

rei pegno che con la mercanzia non esercitassero, come altri loro concittadini, anche il cambio o l'usura. Ma di ciò non parla il nostro documento, doye essi, a provare la loro decennale dimora in Capodistria e il negozio che aveano, portano dinanzi al podestà tre testimoni e un contratto del 1276, col quale quel comune concedeva loro in affitto una bottega sotto al suo palazzo.

In nomine domini nostri ihu xpi Amen. Anno ab eius nativitate Millesimo ducentesimo octuagesimo septimo, Indictione quintadecima, die ultimo marcij. In palatio Justinoppolis que vulgariter capudistria appellatur. Accedentes coramı nobilli viro domino Pangracio Marinpero') de mandato incliti domini ducis veneciarum Justinoppolitano potestate, dominus Banchus et Primeranus filii condam domini Rainerij de Tedaldinis de florentia, ipsorum nomine, et nomine et vice domini Stoldi fratris ipsorum, et volentes probare et fidem facere coram dicto domino potestate quod ipsi sunt continui mercatores in civitate predicta et fuerunt iam sunt decem anni et ultra, obtulerunt coram ipso domino potestate infrascriptam intentionem huius tenoris: Coram vobis domino Pangracio Marinpero honorabili potestate justinopolis intendunt probare et fidem facere dominus Bancchus et Primiranus filij condam domini Rainerij de Tedaldinis, ipsorum nomine, et nomine et vice domini Stoldi fratris ipsorum, quod ipsi sunt publici et continui mercatores in civitate Justinoppolis pannorum et aliarum mercationum, et fuerunt continue iam sunt decem anni et ultra, publice et continue vendendo pannos et alias mercationes in civitate predicta. Item quod de predictis est publica vox et fama, et predicta probare intendunt per cartas et ydoneos testes. Testes vero quos predicti produxerunt super dicta Intentione iuraverunt et deposuerunt ipsorum dicta, presente et interrogante dicto domino potestate, quorum nomina sunt hec: dominus Angellus notarius et mercator, dominus Jacobus de Nivella, et dominus Predocimus, mercatores in Justinoppoli.

Dominus Angellus notarius et mercator de Justinopolli iuravit dicere veritatem. lecta sibi dilligenter dicta intentione, testificando dixit omnia vera esse que in predicta intentione continentur. Interrogatus quomodo sit, Respondit: bene. Interrogatus, quomodo bene, Respondit, quia vidit et cognovit ipsos tres fratres supradictos esse publicos et continuos mercatores in civitate Justinoppolli iam sunt decem anni et ultra, et a decem annis citra usque nunc publice et continue vendendo pannos et alias mercaciones. Interrogatus in quo loco vendunt predicti sive exsercent artem mercationis, Respondit: in civitate predicta, in stationibus comunis dicte civitatis, que sunt sub palatio eiusdem civitatis, et dixit quod pluries emit ab eis pannos et pluries fecit eis instrumenta

1) II KANDLER (Indicazioni per conoscere le cose storiche del Litorale, p. 142) registra infatti Pangrazio Malipiero podestà di Capodistria per i primi mesi dell'anno 1287.

vendicionis suarum mercationum. Item dixit quod [de] predictis est publica vox et fama. Interrogatus quomodo sit, Respondit, quia hoc sciunt omnes de Justinoppolli; et predicta non dixit odio, amore, precio, nec precibus, etc.

Gli altri due mercanti attestano identicamente: Predocimo aggiunge che i fratelli Tedaldini aveano il banco accanto al suo (iuxta stationem ipsius testis).

Item produxerunt predicti coram dicto domino potestate instrumentum sub annis domini Millesimo ducentesimo septuagesimo sexto, Jndictione quarta, scriptum manu Ambrosii notarii de Justinoppolli, visum et lectum per me notarium infrascriptum, in quo continetur quod comune dicte civitatis locavit eis unam de stationibus comunis ad exsercendum inter artem mercationis etc. EGO paganus condam pagani de travisana imperiali auctoritate notarius predictas attestationes et omnia supradicta, presente et mandante dicto domino potestate, diligenter recepi et abscultavi et in formam publicam redegi et scripssi.

S. MORPURGO.

GIROLAMO TARTAROTTI E SCIPIONE MAFFEI.

Non farò qui la storia delle relazioni del marchese Maffei col Tartarotti; dirò soltanto che si conobbero allorquando il Tartarotti andò a Verona la seconda volta; che, richiamatovi dopo un anno da che n'era partito, vi tornò, e che d'allora in poi, non sappiamo bene per quale ragione, guastatisi fra di loro, non si lasciarono. più in pace e cercarono ogni occasione per isfogare il loro astio: il Maffei con quella sua noncuranza superba, coll' influenza del suo nome, il Tartarotti, più giovane, con la stizzosa vivacità onde traboccano tutti i suoi scritti.

L'occasione ad azzuffarsi venne presto, e le polemiche non terminarono neppure con la morte del marchese. L'episodio che racconterò ora brevemente, mostra quali mezzi usassero ambedue le parti, mezzi non troppo onesti in verità, ma non rari nè strani a quel tempo.

Nel 1738 il Tartarotti, mentr'egli era ancora a Rovereto, aveva scritto, in forma di lettera diretta al p. Mariano Ruele, una critica sul libro Dell' Eloquenza italiana di mons. Giusto Fontanini. La lettera rimase inedita, finchè, pubblicandosi a Venezia una raccolta

di opuscoli contro all'opera del Fontanini, lo Zeno la richiese al Tartarotti. Ma questi, che allora era a Roma come segretario del cardinale Passionei, stato amicissimo del Fontanini, non seppe risolversi a mettere fuori la sua critica per timore di arrecar dispiacere al padrone; e lo Zeno dopo avere atteso inutilmente per più di due mesi, compi la pubblicazione'). Però, quando il Tartarotti ebbe abbandonato il Cardinale e si fu acconcio a Venezia con Marco Foscarini, la sua lettera venne accolta nel volume XXIII della nota raccolta del Calogerà.

Fra i più acerbi critici del Fontanini era stato anche il Maffei. Il Tartarotti allora, quasi per far dimenticare che anche una sola volta egli si era trovato dalla parte del suo avversario, pensò di prendere le difese del Fontanini, e scrisse un'altra lettera, in nome del defunto monsignore che dai Campi Elisi parlava al Maffei. L'opuscolo fu presto all'ordine e venne consegnato al padre Calogerà perchè lo pubblicasse. «Quanto a Mons. Fontanini - scriveva da Venezia Gerolamo a Francesco Giuseppe Rosmini il dì 8 marzo 1741quanto a Mons. Fontanini, egli si farà presto sentire (così spero almeno), e farà ridere più d'uno. Il padre Calogerà, che è l'unico a cui per necessità ho dovuto confidare la faccenda, non finisce di ammirare quella lettera, ed è persuasissimo che debba fare uno strepito non ordinario ». Stampare contro il Maffei non era però facile impresa, ed il Calogerà ed il libraio Occhi, per quanto si arrabattassero, non trovarono un Inquisitore, che concedesse la licenza di pubblicare l'opuscolo.

Riuscito vano questo primo tentativo, la lettera passò, a mezzo del Rosmini, a Trento, al padre Benedetto Bonelli, il quale s'inca

1) Il Tartarotti, dopo aver narrato in una lettera ogni cosa all'amico Francesco Giuseppe Rosmini, concludeva con queste parole: « Ed ecco che, dove fino a quest'ora non ho mai patito che riguardo alcuno mi trattenesse dal dar fuori le cose mie, dopochè mi è venuto il capriccio di farmi cortigiano, sono pure forzato a restar schiavo dei riguardi, il che arreca meraviglia a me me desimo con non poco disgusto » (lett. da Roma, 4 luglio 1739). La corrispondenza del Tartarotti col Rosmini, che è quasi un'autobiografia, si conserva inedita (ne pubblicò solo una piccola parte Giovanni a Prato, pochi anni or sono in occasione di nozze) nella Biblioteca Mazzettiana unita alla Comunale di Trento.

ricò di farla mettere alla luce in quella città. Ma volle il caso, che proprio in quel tempo il Maffei stampasse in Trento il suo libro Della Grazia, Avuto sentore della cosa, tanto ei si adoperò col Bonelli, che questi, stretto fra i due, preferi di mancare di parola al Tartarotti e rimandò la lettera al Rosmini. Quanto si dolesse di quel tiro il Tartarotti non dirò io; da quel momento la ruppe col Bonelli, e se prima lo trattava amichevolmente, dopo non gli risparmio qualunque improperio, tanto nelle lettere private, quanto, e più, nelle opere che scrisse contro di lui.

Si tentò quindi di pubblicare la lettera a Rovereto, dal Galvano; ma rieccoti i Provveditori '), subornati dal marchese, a mettere il loro veto. A qual punto arrivasse allora l'agitazione d'animo del Tartarotti lo si rileva chiaramente dalle lettere al Rosmini: la voleva finire ad ogni costo col tiranno delle lettere (chiamavano cosi, e non a torto, il Maffei), e fra i numerosi progetti di vendetta era anche quello di ripubblicare le critiche più acerbe contro il dotto veronese, quali le lettere del Riccoboni ed il Femia del Martelli.

Intanto il Rosmini, che avea preso a cuore l'affare, cercava ogni modo per mettere fuori la lettera dell'amico. Veduto ch'era assolutamente impossibile ottenere la licenza de' Superiori, pensò dapprima di stampare l'opuscolo segretamente in qualche sua villa, dove avrebbe portato la tipografia; poi voleva pubblicarlo, per mezzo di taluno dei molti amici che vi aveva, a Vienna, dove, egli credeva, la mano del Marchese non avrebbe potuto arrivare.

Quand'ecco, cessare ad un tratto tutte le difficoltà. Il Tartarotti trovò a Venezia una miniera, come egli scrisse, di nemici del marchese, nei Padri Teatini, uno dei quali, essendo inquisitore, acconsenti di buon grado a concedere la tanto contrastata licenza. La lettera passò a Napoli per la stampa, ed il Tartarotti per corbellare viemaggiormente i Provveditori roveretani, fece rimettere loro dal Rosmini questa lettera bizzarra scritta in figura del Maffei:

Ill.mo Sig.re e Padrone Col.mo.

Do nuova a V. S. Ill.ma, come in Napoli finalmente è uscita alla luce quella scrittura contro di me, da che veramente si vede il riguardo che si ha in quella celebre città per la mia persona. Tutto ciò non mi dà un fastidio

1) Sbardellati e Lindegg.

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