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APPUNTI E NOTIZIE

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Memorie del teatro di Rovereto

Una bal

L'Istria descritta da un arabo nel secolo XII lata trascritta dal Cameraro del Comune di Trieste nel 1444 Gli studi del dott. Tappeneir sull'antropologia del Tirolo Un nuovo libro sulle colonie tedesche al di qua delle Alpi Monumenti aquileiesi nel Museo di Rovereto La tipografia ebraica di Riva di Trento - Le scoperte paletnologiche di Vermo e dei Pizzughi e la nuova Società istriana per l'archeologia e la storia patria · Scoperte preistoriche nel Goriziano Pamfilo Castaldi medico e tipografo a Capodistria nel 1461.

In quell'importante trattato medievale di geografia che è il Libro del re Ruggero ossia il Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo, compilato, dopo lunghi studi, per ordine appunto di Ruggero II, dal dotto sceriffo Edrisi, nato a Ceuta nel 1100, l'Italia ha naturalmente una parte importantissima: tuttavia, mentre la descrizione di altre regioni data dall' Edrisi trovò fra i dotti orientalisti e geografi moderni più d'un amoroso illustratore, quella dell' Italia non era finora stata studiata che dall'Amari, il quale a sua volta s'era fermato ai brani che riguardano la Sicilia e le altre isole. Ora il prof. Celestino Schiapparelli ha degnamente riparato a questa mancanza, pubblicando negli Atti della R. Accademia dei Lincei un'edizione critica di tutta quella parte del testo arabo che riguarda l'Italia e i paesi adiacenti, aggiungendovi una versione italiana e molte note illustrative 1).

Edrisi aveva delle cognizioni molto imperfette della struttura dell'Italia, e lo manifesta ancor più nella carta geografica da lui distesa che nell'itinerario descrittivo. Egli è più esatto e il perchè si capisce facilmente - doye parla della Sicilia e dell'Italia medirionale, ma sbaglia grossolanamente nella descrizione dell'Italia media e dell'alta. Tuttavia le coste, e in particolare quelle del Golfo dei Veneziani, come il dotto arabo chiama l'Adriatico, sono descritte bene, chè egli ne avrà avute abbondevoli notizie da viaggiatori e commercianti. L'Istria ebbe quindi anch'essa una tale fortuna; e noi riferiamo volentieri l'importante descrizione che ne dà Edrisi, quale ci si presenta nella traduzione dello Schiapparelli:

« Dal mare Mediterraneo scrive dapprima Edrisi (p. 12) - si dipartono due seni; l'uno è il golfo de' Veneziani (mare Adriatico), il quale ha principio dalla [costiera] orientale della qillawriah (Calabria) nel paese dei Rúm, [e pre

1) L'Italia descritta nel «Libro del re Ruggero» compilato da Edrisi. Testo arabo pubblicato con versione e note da M. AMARI e C. SCHIAPPARELLI. Roma, coi tipi del Salviucci, 1883.

cisamente] presso la città di Otranto. [Questo golfo] corre per tramontana declinando un poco verso ponente, tocca la terra di bârî (Bari) e la costa di 'sant'ang'.li ([Monte] S. Angelo), poi prende da ponente verso il paese di 'anqúnah (Ancona), e [proseguendo] fino a toccare la costiera veneziana, fa capo al paese di 'iq.liyah (Aquileia). Qui s'incurva la spiaggia ritornando a levante verso la g'.rwásiah (Croazia), la dalmásiah (Dalmazia) e l' '.sqalawniah (Schiavonia), e cosi arriva al mare Mediterraneo là dove comincia. La massima lunghezza di questo golfo è di 1100 miglia. Sonvi quindici isole, delle quali sei abitate e le altre deserte. Ne parleremo a loro luogo ».

L'Istria nella descrizione di Edrisi (che sa ben distinguerla dalla Croazia e dalla Dalmazia) fa parte appunto del paese di Aquileia. Ed ecco i cenni che egli dà (p. 82 e segg.) delle principali città istriane:

« K.râdis (Gradus, Grado) è città grande, con molta popolazione e gran concorso di gente; ivi è un continuo arrivare e partire di navi.

« Da Grado ad 'stag'ân.kú (Tergests, Trieste), città fiorente, larga di perimetro, popolata di milizie, intraprenditori d'industrie, gentiluomini, mercatanti ed artieri, cinque miglia. È città ben difesa, [posta] sopra un fiume che, quantunque scaturisca non molto lungi, pur è grosso e la provvede d'acqua da bere. Giace in fondo al golfo dei Veneziani, sul confine del loro territorio, ed è stazione navale del paese di 'ik.layah (Aquileia), dove [stanno adunate] le navi che si mandano in corso.

« Di là il golfo si piega verso levante e con esso il paese di Aquileja.

<«< Fra le città continentali dipendenti da Aquileja [si annoverano] b.rúnah o, secondo altri, b.rânah (Pirano), búb.lah (leg. bug.lah, in oggi Buglia o Buje) e tamat.r.s (Mattarada).

« b.rûnah (Pirano) è città ragguardevole, che dista da țâmaṭ.r.s (Mattarada) una breve giornata.

« Cosi da Mattarada a bûb.lah (Buje), città grande e popolata, nove miglia. Da questa ad '.nm.lah, che dicesi pure 'ng'lah (Insula, Isola), città popolata di Franchi, tre miglia.

« Da Isola a q.ndilàtʼal 'ifranʼgîyûn (Candela de' Franchi?) tre miglia. «Da questa [città] a b.rûnah o, secondo altri, b.rânâh (Pirano), della quale già abbiam, fatto parola, due miglia.

<«< Queste son tutte città continentali [del territorio] di Aquileja.

« Quanto alle città marittime fra queste [noi troviamo] d.st.ri.s ([Capo] d'Istria), la quale è lontana da țâm.at.r.s (Mattarada), città pure [del territorio] di Aquileja, ventitre miglia.

«Da questa alla città di múġaw o, come altri dice, 'úmáġû (Umago) nove miglia.

«< Così pure dalla città di Pirano la continentale alla città di Umago 18 m. << La popolazione di Umago sono Franchi e la città è posta alla marina. «Da Umago a g'.b.tnûbah (Cittanuova), che è la nuova città appartenente ai Franchi, otto miglia. Essa è divisa in due parti delle quali l'una è al piano, l'altra sopra un monte che domina il mare.

«< Da Cittanova a b.r.ng'û, che altri chiamano b.r.nzú (Parenzo), 12 miglia. << Parenzo è città popolata, molto fiorente, ed ha legni da guerra e navi

numerose.

« Da questa a rig.nů (Rovigno) che appartiene ai Franchi, quindici miglia. Rovigno è città grande, con dintorni ameni e molto popolata.

« Di qui a búlah (Pola) dodici miglia. La città è bella, grande e popolata, ed ha naviglio sempre allestito.

« Da Pola a mûdûlinah (Medolino), città ragguardevole e popolata, 16 miglia.

«Da questa ad albúnah (Albona) 40 miglia.

«Da Albona a f.låmúna (Flanona, Fianona 1) 6 miglia. Queste due città sono popolate, i loro territori sono contigui e simiglianti le loro condizioni. «Da Flanona ad 'al'avranah (Lovrana) 4 miglia.

<«<Lovrana è città grande, popolata, in prospere condizioni; ha navi [sempre] pronte e costruzioni navali incessanti. Essa è l'ultima città marittima del paese di Aquileja.

<< Sul confine orientale di questa regione trovansi montagne continue e deserte lande.

<«< Alle terre di Aquileja, delle quali abbiamo discorso, seguono quelle della g'.rwasiah (Croazia), chiamate dalmâsiah (Dalmazia), delle quali terremo parola a loro luogo nel compartimento che segue, se. l'altissimo Iddio ci ajuti ».

La descrizione, come si vede, è abbastanza esatta e minuta, e presenta notizie assai curiose. Un solo errore grosso: quello di fare due città continentali di Pirano e d'Isola; chè l' interpretazione data dallo Schiapparelli ai relativi nomi arabi crediamo non possa venire impugnata. E sempre buona ci sembra anche la spiegazione degli altri nomi di città istriane che s' incontrano in questo itinerario: qualche dubbio si potrebbe solo avere per Trieste. E forse Edrisi ha confuso Muggia con Umago, facendo di due città una sola.

Quanto alla notizia data da Edrisi che Candela (?), Isola, Umago, Cittanova e Parenzo appartenevano ai Franchi (italiani), essa non deve far supporre che egli intendesse dire che le altre città istriane fossero invece abitate da slavi, o da altre popolazioni. Edrisi dà le notizie etnografiche che ha: se per le altre città istriane tace, ciò vuol dire che non ne sa nulla. Difatti quando in seguito si fa a parlare della Dalmazia, egli nota quali città sieno abitate da slavi e quali da dalmati, che egli distingue bene dai primi.

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Ricorrendo quest'anno il centenario dell' inaugurazione del Teatro Sociale di Rovereto, il signor C[RISTELLOTTI] ne ha narrata brevemente la storia in un bell'articolo pubblicato nell'ottimo giornale Il Raccoglitore. Dice l'A. che egli si potè giovare di alcuni « scartafacci mangiati per metà dai sorci » che

1) Non Flamona come stampa lo Schiapparelli..

si conservano in quella Biblioteca Civica, e crediamo alluda al grosso volume di memorie del teatro di Rovereto, raccolte dal benemerito Fortunato Zeni. Il C. ha potuto, mercè di essi, mettere assieme anche alcune notizie di spettacoli dati a Rovereto prima della inaugurazione del Teatro. La più antica è del 1650: alcuni dilettanti rappresentarono in quell'anno l'operetta Il Giasone. Nel 1677 vi fu « eseguito» il Triumphus naturae humanae in cacodaemonem, spettacolo musicale, probabilmente d'argomento sacro, opera di un don Giulio Passarini di Brentonico. Nel 1694, in occasione del passaggio di una principessa annoverese che andava sposa al duca di Modena « si cantò un terzetto in serata teatrale intitolato I tre fiumi: Leina annoverese, Panaro modenese, e Leno roveretano ». « Nel 1698 una compagnia di dilettanti si produsse coll'operetta intitolata S. Elena, sotto la bacchetta del compositore don Felice Zorzi, che era anche organista in S. Marco, il quale poco di poi mise assieme un altro lavoretto musicale coi personaggi Giove, Giustizia e Fama ». Nel 1709 alcuni dilettanti rappresentarono il melodramma L'enigma disciolto, e nel 1778 Il curioso indiscreto dell'Anfossi. Finalmente, il 24 maggio 1784 (e non 1794, come fu stampato altra volta in questo Archivio, vol. II, pag. 198, n. 4) fu inaugurato il Teatro Sociale con l'opera buffa Giannina e Bernardone del Cimarosa. Di qui innanzi le notizie di opere in musica, balli, commedie ed altri spettacoli rappresentati nel Teatro roveretano, sono molto iù ricche. Noi ricorderemo soltanto che nel 1785 vi fu dato Il Pallone vonte di Clementino Vannetti, e che nel 1790 agi su quelle scene il fiorentino Antonio Marochesi, al quale è diretto il noto sonetto vannettiano che dipinge vivacemente le diversità fra gli abitanti del Trentino e i Tirolesi d'oltre Pirene. Ancora un ricordo storico: il 31 maggio 1810 nel Teatro di Rovereto, illuminato a giorno, si diede un gran ballo per festeggiare l'incoronazione di Napoleone I a Re d'Italia.

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Nell'anno V (1850) dell'Istria, periodico, diretto da Pietro Kandler, che giovò molto alla illustrazione storica di quella provincia, si legge, a pag. 312, una ballata scritta dal padovano Federico de Mercatellis cameraro del comune di Trieste nel 1444, in calce a un breve del 1418. Il breve servi poì di coperta alla vacchetta dove il Mercatellis veniva notando le riscossioni fatte per conto del Comune. Rimettiamo in luce assai volentieri codesta poesia, poichè il periodico dove fu edita dapprima è divenuto oggi rarissimo. Essa ci prova che come quelli di Bologna, di Venezia e di Firenze '), anche gli officiali del Comune di Trieste non disdegnavano di prestare orecchio fra una scrittura

1) Per Bologna v. CARDUCCI, Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovale nei Memoriali dell'Archivio notarile di Bologna, Imola, Galeati, 1876, e CASINI, Le rime dei poeti bolognesi del secolo XIII, Bologna, Romagnoli, 1881; per Venezia v. Giornale di filologia romanza, vol. IV, pag. 204, n. 3. Sappiamo che anche in Firenze qualche protocollo e qualche pubblico registro conserva di siffatti ricordi, e ne troverebbe pure altrove chi volesse darsi la pena di ricercarli.

l'altra, alle voci più allegre che venivano loro dalla piazza. Infatti la ballata tramandataci dal de Mercatellis è d'intonazione tutta popolare, e correva di certo sulle bocche dei Triestini allorquando egli la mise in carta, evidentemente a memoria '):

Una donna m'à dato bando,

Falsa, ria, fredda, cruda:
Perchè l'èe di pietà nuda
Io per lei si vo penando.
Maledeto sempre sia

Chi a le done troppo crede:

Le son piene de folia,

Le non amano con fede;

E quel homo che in lor crede

I'ò amato sempre a fede

Una donna in cortesia
Sperando de aver mercede

Del suo amor, che m'ha in balia;
Senza fallo me 2) caza via:
Del ben amar i' son tradito,
Io servente son schernito,
Si che parto sospirando!
Aymè dolente, chi sapesse 3)

El dolce amor 4) che i'ò portado!
E non è 5) cor che non piançesse,
Che me vedesse 6) in questo stado!
Da l'amor so' desleguado

Più che neve al caldo sole:

Quest'è quel che più me dole,

Che de mi se va befando!

Vàtene, ballata bella,

Alli amanti te presenta,

E piangendo tal novella

Da mia parte li ramenta;

1) Mettiamo le interpunzioni, e proponiamo qualche piccola correzione al testo dato dal

Kandler.

2) Kandler: Senza fal...one.

3) K.: chi posposse,

4) K.: amore.

5) K.: 0.

6) K.: vesse.

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