ภาพหน้าหนังสือ
PDF
ePub

delle strofe seguenti. Finisce la musica al recto dell'ultima carta; sul verso sono impresse in caratteri romani le seguenti indicazioni tipografiche, e sotto ad esse la impresa dell'Antico, che riproduciamo:

Sculpito in Roma per Andrea Antiquo de Montona: & fatto imprimere in compagnia di Giouanbattista Columba Miniatore per Marcello Silber al's Franck ftapatore in Ro ma: Nellanno. M.D.X. A di . IX. de Octobre.

[graphic]

Ed ecco i capoversi delle poesie musicate, nell'ordine in cui s'incontrano nel volume, e col nome dei compositori, che è impresso a caratteri romani in testa delle pagine:

1. Tucto il mondo è fantasia. Jo. Hesdimois.
2. Vola il tempo e fa manchare. Jo. Scrivano.

3. Lassa hormai tanto tuo sdegno (Anonimo).

4. Un voler e un non volere. B. T.

5. Se mi duol esser gabato. B. T.

6. S'il dissi mai ch'io venga in odio a quella. B. T.

7. L'huon terren caduco 7 frale. Jo. Scrivano.

8. Sería il mio servir felice (Anonimo).

9. Il focho è rinovato (Anonimo).

10. Ognun fuga, fuga amore. Ant. Cap.

11. Questo oimè pur me tormenta. Ant. Cap.

12. Viva amor, viva quel foco. B. T.

13. Voi che ascoltate i dolorosi pianti. A. de Ant.
14. Ogni vermo à 'l suo veneno (Anonimo).

15. Son disposto in tutto hormai. B. T. 1).
16. Segui cuor e non restare. Jac. Foglianus.
17. Se hoggi è un di ch'ogni defuncto iace. B. T.
18. Amor poi che non pòi farme morire. M.
19. Tra 'l volere e non volere (Anonimo).
20. Il cor ch'è ben disposto (Anonimo).
21. Rompe amor questa cathena. Phi. de Lu.
22. O mia spietata sorte (Anonimo).

23. Pregovi fronde fiori acque 7 herbe. B. T.
24. Quando fia mai quel dì felice tanto. B. T.
25. Amor che vuoi ragion da chi la vuoi. B. T.
26. Poi che 'l ciel e la fortuna (Anonimo).
27. Io cercho pur la insupportabil doglia. B. T.
28. Come va il mondo fior tu che beato. B. T.
29. Io non l'ho perchè non l'ho. M. C.
30. Ritornata è la speranza. Ant. Cap.

31. Valle riposte e sole. Francis. F.

32. Che debb'io far, che mi consegli, Amore? B. T.

33. Si è debile il filo a cui se attiene. B. T.

34. Come pò far el cielo (Anonimo).

35. Di pensier in pensier, di monte in monte (Anonimo).

36. Non resta in questa valle (Anonimo).

37. Fiamma dolce e soave. S. B. de Ferro.

38. Dolci ire, dolci sdegni 7 dolci paci. B. T.

39. Vergine bella che di sol vestita. B. T.

40. Per mio ben ti vederei. B. T.

41. Occhi miei lassi, mentre che io vi giro. B. T.

Canzoni porta il titolo del volume; e delle poesie musicali che contiene talune sono tali davvero: le più (n.1 6, 32, 33, 35, 39) del Petrarca; ed una (n.o 31) di Jacopo Sannazaro. Ma accanto alle canzoni troviamo, come nelle raccolte anteriori del Petrucci e nelle altre del Nostro, e sonetti e frottole e capitoli e numerose ballate; de' quali componimenti due sono ancor essi del cantore di Laura: il sonetto Dolci ire, dolci sdegni e dolci paci, e la ballata Occhi miei lassi, mentre ch' io vi giro. Le altre ballate sono quasi tutte di ottonari, genere allora assai in voga; e le dicevano barzellette : una di esse (n.° 7) è appunto la Barzellecta prima, de la Fama, di Bene

1) Di questa barzelletta la nostra stampa non reca altre parole.

detto da Cingoli '); un'altra, quella che comincia Io non l'ho perché non l'ho (n.o 29), fu attribuita al Poliziano. Il Carducci, che la tolse a raccolte di Frottole e di Canzoni a ballo non anteriori al 1562, la mette fra le incerte 2). La nostra stampa musicale le assicurerebbe adunque una maggiore antichità e quindi maggiori diritti álla paternità polizianesca: che se dobbiamo notare, che le raccolte musicali dell'Antico, mentre ci presentano i canti cari alle corti e alle plebi di Ferrara e di Mantova, non mostrano di averci conservato anche quelli che rallegrarono Firenze al tempo del Magnifico, non va d'altra parte dimenticato che il Poliziano fu tutt'altro che straniero alla corte dei Gonzaga, egli che appunto in Mantova improvvisava l'Orfeo « a requisizione del reverendissimo cardinale mantuano, in tempo di dui giorni, intra continui tumulti ».

Quanto ai compositori, i più, come in quasi tutte le raccolte del Nostro, sono, anzichè fiamminghi, italiani; e lo stesso Antico appare autore della musica di un sonetto (n.o 13), la quale è quindi da aggiungere alle altre quattordici sue, comprese nei libri di Frottole impressi dal Petrucci 3). Ben 17 delle arie di questa raccolta sono però dovute al veronese Bartolomeo Tromboncino (B. T.); una sola invece (ciò è quella della ballata attribuita al Poliziano, di cui discorremmo più sopra) al concittadino ed emulo suo Marchetto Cara (M. C.), col quale il Tromboncino divise i trionfi e i lauti guadagni di Mantova: chè pur allora la musica e il canto fruttavano assai più della poesia. Molto scarse sono invero le notizie che il Fétis raccolse intorno a Bartolomeo; e peggio ancora

1) Opere del preclarissimo poeta. B. Cingulo Nuovamente stampate. Con molt piu Opere che non sono negli altri: Cioe. Sonetti. Barzellette. Capitoli. In fine: Impresso in Siena per Symione di Niccolo & Giouanni di Alixandro Librai da Siena : Anno D.ni .M.D.XI. Adì .XII. di Gennaio.

2) G. CARDUCCI, Le Stanze, l'Orfeo e le rime di messer ANGELO ANBROGI NI POLIZIANO, Firenze, G. Barbèra, 1863, p. 338. Oltre che nelle raccolte citate dal Carducci, questa barzelletta si trova anche tra le Frottole composte da più autori, cioè Tu ti parti ecc., s. 1. n. a. (verso il 1560), tra le Frottole nuove composte da più autori, in Pesaro, per G. Concordia, 1568, e nell'opuscolo La Pastorella con alcuni bellissimi strambotti, in Macerata, appresso Seb. Martellini, 1585.

3) Cfr. Archivio, I, p. 179.

toccò a Marchetto, ch'egli non nomina neppure, confondendolo, parmi, con l'antico Marchetto da Padova 1): ma al silenzio di lui riparò il Canal, specialmente per ciò che riguarda il Cara 3). Altri curiosi documenti che illustrano entrambi codesti artisti furon fatti conoscere più di recente dal signor Stefano Davari 3): bella prova dell'amore che i Gonzaga portavano ai suoni e ai canti, essi spiegano assai bene come in Mantova potesse allora rifiorire la lirica e svilupparsi il dramma. Fra i molti e non ispregevoli poeti, che sulla fine del quattro e nei primi anni del cinquecento frequentarono quella Corte, due gentiluomini erano più di solito gli autori delle barzellette che la marchesa Isabella dava a musicare ai nostri veronesi: Galeotto del Carretto e Niccolò da Correggio *). Con loro l'alta «discipula » del Tebaldeo ') si consigliava anche intorno

1) Dico così, perchè attribuirei a Marchetto veronese la musica delle due poesie S'io sedo a l'ombra, amor (Frottole del Petrucci, lib. V) e Piangea la donna mia (Canzoni, Frottole, ecc. libro primo, de la Croce, Roma, 1526), che il FÉTIS, seguito in ciò anche dall' EITNER (op. cit., p. 700), dà al trecentista padovano. 2) P. CANAL, Della musica in Mantova, notizie tratte principalmente dall'archivio Gonzaga, nelle Memorie del r. Istituto Veneto, vol. XXI.

3) ST. DAVARI, La musica a Mantova, notizie biografiche di maestri di musica, cantori e suonatori presso la Corte di Mantova nei secoli XV, XVI e XVII tratte dai documenti dell'archivio storico Gonzaga, nella Rivista storica mantovana, vol. I, fasc. 1-2. Le notizie che il Davari finora ci ha dato, e che fanno vivamente desiderare il seguito della sua pubblicazione, riguardano Bart. Tromboncino, Marchetto Cara, Carlo di Launay e Gio. Angelo Testagrossa.

4) V. le notizie raccolte dal DAVARI (loc. cit.) e le lettere di Galeotto del Carretto a Isabella, pubblicate dal PROMIS nel vol. III delle Curiosità e ricerche di storia subalpina. Il Promis dichiarava di non conoscere liriche di Galeotto all' infuori di quelle inserite nelle azioni drammatiche di lui: ora ne sono note alcune poche pubblicate nel Giornale stor. d. letterat. it., VI, 231 e segg.; ma nè fra esse, nè fra le altre che si leggono ancor inedite nel Magliabechiano II, II, 75, ci fu dato di ravvisare alcuna delle poesie musicali impresse dall'Antico. Rime del Correggio non ci riuscì di vederne. Ma per non ripetere qui o più innanzi annotazioni analoghe per altri poeti di quei tempi, diremo una volta per sempre che non ci siamo punto prefissi di ricercare gli autori di tutte le poesie comprese nelle raccolte del Nostro ; ma semplicemente di acquelli, che senza fare indagini speciali, che qui in Lucca, del resto, ci sarebbero riuscite difficili, ci venne fatto di riconoscere sicuramente: ciò basterà d'altronde perchè si possa comprendere a sufficienza il carattere delle poesie musicali care al mondo elegante dei primi decenni del cinquecento. 1) Antonio Tebaldeo, del quale giova notare in questo Archivio che fu per

cennare a

alla scelta delle poesie petrarchesche che più si prestassero a venir musicate; e proprio d'una di quelle che si trovano nella raccolta del nostro Antico (n. 33) si tratta nella lettera che Niccolò le scriveva il 23 agosto 1504 1): « Circha la canzone che V. Ex. mi dimanda ch' io voglia ellegiere del Petrarcha, perchè la vole fargli sopra un canto, io ho ellecta una di quelle che più mi piace, che comincia: Si è debile il filo a cui s'atiene; parendomi che anche se gli possa componere sopra bene, essendo versi che vanno crescendo et sminuendo; et a ciò che la Ex. V. conosca che la mi piace, gli ne mando una mia, composta a quella imitatione, a ciò che, facendo fare canto sopra la petrarchesca, con quello canto medemo potesse anche cantare la mia, se la non li dispiacerà ». Nulla sappiamo di questa canzone dell'ingenuo Correggio; ma di quella da lui trascelta nel Canzoniere petrarchesco possiam dire che anche più delle sue sorelle venne di moda fra i bellimbusti di quel tempo, cui il cantore di Laura serviva da Galeotto: e certamente vi avrà avuto merito la musica di che la seppe rivestire il Tromboncino, stampata due volte dal Petrucci e due volte pure dal Nostro, poichè egli la accolse anche fra le sue Frottole intabulate. E ad essa alludeva l'Aretino (il verso che ne cita è il primo della terza strofa) nel prologo del Marescalco, dove con quel suo stile pittoresco e vivace derise bellamente i vagheggini petrarcheggianti e spagnoleggianti, di che erano piene le città; « Come farei io bene uno assassinato d'Amore! Non è spagnuolo, nè napolitano, che mi vincesse di copia di sospiri, d'abbondanza di lagrime, e di cerimonia di parole; e tutto pieno di lussuriosi taglietti verrei in campo, col paggio dietromi, vestito de' colori donatimi da la Diva, et ed ogni passo mi farei forbire le scarpe di terzio pelo, e squassando il pennacchio, con voce sommessa, aggirandomi intorno alcun tempo parroco di Brentonico nel Trentino, così scriveva alla marchesa Isabella il 9 dicembre 1494: «Ho visto il strambotto quale ha composto la S. V. parlando ad le piante che hanno perso le foglie; mi è piaciuto assai, et ringratio il cielo che poi che io non ho mai potuto havere gratia in verso, almeno una mia discipula ge habia excellentia. Conforto la S. V. ad seguire, ch'io comprendo quella havere ad fare miraculi in poesia, se la fine risponderà al principio, come spero; pur che la S. V. non si penta, et che, quanto sarà più docta, si persuada di saper ogni di mancho » (DAVARI, loc. cit., p. 55). 1) Riv. stor. mant. cit., p. 56.

« ก่อนหน้าดำเนินการต่อ
 »