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là ritornati, egli, tuttochè assente, venne eletto console per la terza volta, e gli fu dato a collega Aurelio Oreste (a. 651). Ma i barbari indarno furono aspettati pure in quest' anno, e Mario frattanto avrebbe dovuto uscire di consolato senza aver fatto nulla. Narra quindi Plutarco (ibid., XIV, 2), che instando il tempo dei comizi, ed essendo di que' di venuto a morte il collega, Mario mise alla testa di quell'esercito Manio Aquilio e se ne venne a Roma') a brogliare pel consolato.

Ma questa volta egli ebbe di molti competitori, e non ci volle che lo stratagemma del tribuno L. Saturnino per riuscire. Fu eletto così console per la quinta volta (anno 652), e gli fu dato a collega Lutazio Catulo. Frattanto, essendo venuto a cognizione che i nemici si avvicinavano, passò in fretta le Alpi 2), mise campo al Rodano ed ivi si fortificò (ibid., XV, 1).

I barbari poi essendosi divisi in due parti, toccò ai Cimbri di marciare al di sopra pei Norici contro Catulo e di aprirsi quel passo colla forza, ed ai Teutoni e agli Ambroni di proceder pei Liguri contro Mario lunghesso il mare 3).

Premettiamo, a dilucidazione di questo passo, che Plutarco per Norici intende i popoli Alpini in generale e in particolare quelli che occupavano l'uno e l'altro versante delle Alpi che separano la Provincia dall' Italia.

Soggiunge quindi Plutarco, che mentre i Cimbri marciavano alquanto lentamente, i Teutoni al contrario acceleravano il cammino, per venire alle prese con Mario, come ho distesamente narrato (p. 256 e segg.). Arrestiamoci a questo punto e domandiamo. da qual parte vennero i Cimbri al confine della Provincia, dove si divisero dai Teutoni, e dove era Catulo col suo esercito?

A queste domande risponde lo stesso Plutarco. Egli non parla

*) Ἐνισταμένων δὲ τῶν ἀρχαιρεσιῶν, καὶ τοῦ συνάρχοντος ἀυτοῦ τελευτήσαντος ἀπολιπὼν ἐπὶ τῶν δυνάμεων Μάνιον Ακύλλιον, αὐτὸς ἦκην εἰς Ρώμην.

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2) Πυνθανόμενος δὲ τοὺς πολεμίους ὁ Μάριος ἐγγὺς εἶναι, διὰ ταχέων ὑπερέβαλε τὰς Αλπεις (ibid.). Si noti questo verbo ὑπερβάλλω, che e poi quello onde esce il nome ύπερβολή.

3) Ibid., XV, 5. Τῶν δὲ βαρβάρων διελόντων σφᾶς αὐτοὺς δίχα, Κίμβροι μὲν ἔλαχον διὰ Νορικῶν ἄνωθεν ἐπὶ Κάτλον χωρεῖν, καὶ τὴν πάροδον ἐκείνην βιάζεσθαι, Τεύ τονες δὲ καὶ ̓Αμβρωνες διὰ Λιγύων ἐπὶ Μάριον παρὰ πάλατταν.

che dei Cimbri e dei Teutoni (ibid., XI, 2), scrive che questi erano andati nella Spagna (XIV, 1), e che di là ritornati si avvicinavano alla Provincia (XV, 1), e che qua giunti, cioè ai confini della stessa, si divisero in due schiere (XV, 3); e solo in questo luogo ricorda gli Ambroni collegati coi Teutoni ma non fa parola dei Tigurini alleati dei Cimbri. Ivi stabiliscono pertanto il loro disegno di passare in Italia divisi in due schiere, l'una pei Liguri lungo il mare, l'altra al disopra, pei Norici. Questo risulta chiaramente da Plutarco, e risulta chiaro altresì, che tanto Mario quanto Catulo erano nella Provincia. Quivi difatti era l'esercito dell'uno e dell'altro. Il luogo recato di sopra, dove è detto, che il collega di Mario nell'anno precedente (651) era morto nella Provincia, e che Mario partendo alla volta di Roma lasciò alla testa dell'esercito di lui Manio Aquilio, non ci lascia alcun dubbio. Sicchè Mario e Catulo venendo nella Provincia si misero senz'altro alla testa ciascuno del proprio esercito, che era ivi, e dove si aspettava il nemico 1). Il passo di Plutarco era stato già da me tradotto nella dissertazione sopradetta (p. 252); ma il signor Oberziner non vi pose mente, e per questo scrive (p. 28) contro di me a suo gran torto, che dallo storico Greco non risulta punto che Catulo fosse nella Provincia.

Ma io qui gli farò osservare, che questo stesso risulta ad evidenza anche dalla risoluzione presa dai barbari di scendere in Italia divisi in due schiere. Vediamolo partitamente.

I Teutoni e gli Ambroni, scrive Plutarco, ebbero in sorte (λxy) di marciare (xwpɛiv) pei Liguri (12 Aryuwv) contro di Mario. Sicchè, essendo chiara la via che questi volevano prendere, è chiaro altresi, che Mario doveasi collocare in tale posizione, che gli desse campo di assalire i nemici prima che essi potessero guadagnar la via lungo il mare attraverso dei Liguri. Da ciò stesso poi risulta, che i Teutoni per eseguire quel piano dovevano naturalmente entrare nella Provincia. Veniamo a Catulo.

Questi sapeva che i Cimbri avevano avuto in sorte (λxov) di

1) Che due fossero gli eserciti consolari nella Provincia si rileva non solo dal luogo di Plutarco, ma eziandio dalla sconfitta di Manlio e di Cepione, narrata da altri; dicendosi che i barbari s'impadronirono dei due accampamenti (bina castra) in quella occasione, resta provato chiarissimamente che anche per lo innanzi, certo nel 649, vi erano colà due eserciti consolari.

marciare (xpɛiv) pei Norici (dx Nopinor) contro di lui (ení Kárλov): egli doveva dunque collocarsi col suo esercito verso le Alpi, cioè su quel versante di esse, che guarda la Gallia Transalpina, vale a dire la Provincia, dove egli era, opposto all' altro versante che guarda la Gallia Cisalpina, per impedire al nemico di guadagnarsi ed aprirsi così la via attraverso dei Norici. Onde risulta, che i Cimbri dovevano per eseguire il loro piano passare per la Provincia, e che Catulo era accampato contro di essi per impedir loro la strada. Se Catulo non fosse stato nella Provincia, per la stessa ragione non vi sarebbe stato neanche Mario; giacchè Plutarco usa per amendue le parti le stesse parole. E prego il signor Oberziner di porvi nuovamente attenzione.

Consideri che le due vie scelte per passare in Italia sono di Arywr e di Nop: rifletta sull'avverbio vev degli uni, contrapposto al napà Sáλarrav (ch'è quanto dire al disotto) degli altri, e che il verbo xwpsiv regge amendue i membri di quel periodo; e scorgerà di leggeri, che essendo tanto i Liguri, quanto i Norici al di qua della Provincia, o tutti e due i consoli dovevano essere nella Provincia per contendere ai barbari quei passi, o niuno di essi. Ma la seconda ipotesi sarebbe un assurdo; di necessità dunque si deve ammettere la prima: e ne segue che tanto i Cimbri quanto i Teutoni, per eseguire quel piano, dovevano passare per la Provincia, come ho detto poc'anzi. Sicchè n'è duopo conchiudere di bel nuovo, esser falso che da Plutarco non si rilevi, che Catulo fosse nella Provincia, come scrive il mio contradditore.

Ma la posizione prescelta da Catulo riusciva in pratica assai malagevole, ed è lo stesso Plutarco, che lo racconta. Al c. XXIII, 2, narra che Catulo accampato di contro ai Cimbri, riconosciuta l'impossibilità di custodire i passi delle Alpi '), senza dividere il suo

*) Τὰς ὑπερβολὰς τῶν ̓Αλπεων. La voce ὑπερβολή (da ὑπερβάλλω, traiicio, usato da Plutarco, parlando di Mario) specialmente in plurale significa il luogo o i luoghi, pei quali si suole salire e superare un monte per recarsi all'opposto versante, e quindi vale il passo o i passi delle Alpi. In questo senso la usa Polibio più volte nelle sue storie. Si veggano III, 39, 10; III, 49, 4; III, 50, 5; IV, 11, 5; IV, 69, 1; X, 39, 8. E di fatto che altro voleva fare Catulo, se non questo: impedire i passi delle Alpi ai Cimbri? Non è poi vero ciò che coi più valenti e chiari interpreti afferma l'Oberziner alla pag. 28 che per le

esercito in più parti ed essere così costretto a indebolirsi da sè medesimo, discese incontanente in Italia, e guadagnato il fiume Atisone, quivi si fortificò in attesa dei barbari 1).

Da ciò si raccoglie che Catulo trovandosi sul versante delle Alpi rivolto alla Provincia, e nell'impossibilità di contendere i passi delle Alpi ai Cimbri, i quali si avviarono divisi fors'anco essi stessi in più corpi (come è naturale e viene implicitamente accennato da Plutarco stesso, quando dice che Catulo sarebbe stato costretto di dividere esso pure il suo esercito in più parti) passò dal versante in cui era, al versante opposto, e scese in Italia.

Il racconto di Plutarco non poteva essere più chiaro; eppure non parve così al signor Oberziner, e la ragione è questa. Egli non vuole ammettere la distinzione da me proposta tra i popoli Norici e il regno Norico (p. 358-363), e si ostina, come abbiamo veduto, a voler far girare i Cimbri in cerca di Catulo pel Norico, contraddicendo così a Plutarco nell'atto stesso che crede di spiegarlo nel modo più chiaro. Ma noi vedremo col fatto quanto egli s'inganni.

Prima però mi si conceda di ripetere anche qui, ma più brevemente, la distinzione tra i Norici e il Norico, servendomi dell'autorità dello stesso Floro, che il signor Oberziner mostra di tenere in non lieve conto (p. 27), e che perciò egli non vorrà qui disco

noscere.

Norici sono chiamati con vocabolo comune i popoli, qualunque nome speciale essi abbiano, che abitano le Alpi che cingono l'Italia superiormente. Con tal nome di fatto chiama Floro i popoli alpini, contro i quali Augusto mosse guerra per assoggettarli allo impero; e Norica chiama egualmente quella guerra: bellum Noricum. Nel libro II, c. 22 (dell'ediz. dell' Halm), scrive: Noricis

voci τὰς ὑπερβολας τῶν ̓Αλπεων si debba intendere in questo luogo il passaggio della catena centrale delle Alpi; giacchè Polibio usa di quella voce per indicare anche il passo delle Alpi valicato da Annibale, che certo non era nella catena centrale. Veggasi POLYB., III, 39, 10 e 11.

1) Ecco l'intero passo di Plutarco (XXIII, 2): Káthos ávtixaJýμevog tois Κίμβροις τὰς μὲν ὑπερβολὰς τῶν ̓Αλπεων ἀπέγνω φυλάσσειν, μὴ κατὰ πολλὰ τὴν δύναμιν μέρη διαιρεῖν ἀναγκαζόμενος ἀσθενὴς γένοιτο, καταβὰς δ ̓ εὐθὺς εἰς τὴν Ἰταλίαν, καὶ τὸν ̓Ατισῶνα ποταμὸν λαβών, κ. τ. λ.

animos Alpes dabant, quasi in rupes et nives bellum non posset ascendere. Di questi popoli poi soggiogati da Augusto ci fu conservato l'elenco nell' iscrizione riferita da Plinio (III, 22, § 136), e tra essi si trovano registrati anche i Leponzii, che abitavano appunto tra le montagne dell'Ossola e nell'Ossola stessa, sull'uno e sull'altro versante, di mezzo ai quali dovevano i Cimbri aprirsi la via Ed è a notare a questo proposito, che in quella iscrizione non sono menomamente comprese le genti che abitavano il regno Norico, come osserva anche il Mommsen, nel vol. III del Corpus Inscriptionum Latinarum, alla pag. 588. Absunt, egli scrive, a laterculo gentium Alpinarum per hos annos devictarum et in tropaeo a. 747 enumeratarum (PLINIUS, Hist. nat., 3, 20, 136) NORICAE OMNES. Sicchè il luogo di Floro si deve restringere propriamente ai popoli Alpini al di qua di quel regno. È dunque manifesta la distinzione da me proposta anche per l'autorità di lui, ed è quindi chiaro. che i Norici di Plutarco devono essere stati i Leponzii, se è vero che i Cimbri, essendo nella Provincia, dove era Catulo, dovevano per giungere ad essi marciare contro di lui.

Ciò premesso, supponiamo per un istante sia vero quello che scrive il signor Oberziner, e cioè che i Cimbri non fossero da principio nella Provincia, e che nè anco Catulo di conseguenza vi fosse, ma ch'ei sapesse, come essi aveano deciso di passare in Italia pel regno Norico; e vediamone, tenendo sempre a guida Plutarco, le conseguenze.

Scrive l'O. alla p. 29, che « l'antichissima via che per la Rezia dall' Italia metteva ad Augusta Vindelicorum passando per Rosenheim (Pons Oeni), da Wilten (Veldidena) a Kufstein seguiva appunto la sponda destra dell' Inn, e per conseguenza entrava nel Norico, colà dove il fiume Ziller mette nell' Inn. Così che resta provato che di necessità i Cimbri dovettero passare nel Norico ». Cosi egli. Mi permetta prima d'andare innanzi un'osservazione, ed è questa, che la sola Rosenheim delle città da lui nominate lungo quella via, è ai confini del Norico, il quale è appunto separato dalla Rezia, ma per breve tratto, dall' Inn; e che Kufstein è già nella Rezia, e che lo Ziller mette foce nell'Inn anch'esso nella Rezia al di sotto di Rattenberg; sicchè i Cimbri, percorrendo la destra dell' Inn, non avrebbero corso che un brevissimo tratto del

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