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da Dragute. Vide la rendita di Napoli e di Malvasia, e attendato il campo turchesco. Del '42 vennero a Venezia a disarmare. Fra questo tempo si scordò da prima di leggere, poi, trovato su la galea a caso un libretto detto Fior di virtù, e' da sè rimparò, e poi del continuo di propria inclinatione leggea libri di battaglia, tanto che il zio si maravigliava di così continua e spontanea letione. Venuti a Venezia, volle il zio che fosse mercante, e lo mandò alla scuola, come dicono, d'abaco e quaderno. Ma il padre, intendendo quella inclination al leggere, volle che fosse mandato ad imparar grammatica; e andò da un prete Andrea fiorentino, che correggea stampe a' Giunti; fece tosto profitto. Poi il richiamò a casa, e quindi con certa occasione il mandò per istudiare in Inghilstat in Baviera, ove stette fino alla guerra di Carlo V contro a' Protestanti, per la quale in capo a 15 mesi tornò a casa; frequentò la scuola, e di maggio, l'anno 1547, fu mandato a studio a Padova 1). Ove quella prima state, trovato un Xenofonte greco e latino, senza niuna guida o aiuto, si rimise nella lingua greca, di che havea havuti certi pochi principî in Inghilstat, e fece tanto profitto, che a principio di novembre e di studio ardì di studiare e il testo di Aristotele e i commentatori sopra la loica Greci. Andò ad udir il Tomitano, famoso loico, ma non gli pose mai piacere, senza saper dire perchè, onde studiò loica da sè. L'anno seguente entrò alla filosofia di un certo Alberto, e del Genoa, e nè anco questi gli poterono piacere, e studiò da sè. In fin di studio udi il Monti medico, e gli piacque per il metodo di trattar le cose; e così Bassiano Lando, di cui fu scolare mentre stette in istudio. E fra tanto, sentendo un frate di S. Franc.co sostentar conclusioni platoniche, se ne innamorò, e fatto poi seco amicizia dimandògli che lo inviasse per la via di Platone. Gli propose come per via ottima la Teologia del Ficino, a che si diede con grande avidità; e tale fu il principio di quello studio che poi sempre ha seguitato. L'anno 1551 gli morì il padre, onde deliberò di non volere esser medico, e vende Galeno e gli altri libri di medicina; e per affari famigliari gli convenne dar una volta a casa; e, accomodatigli per allora, tornò a Padova. Ma l'anno '54 convenne che tornasse a casa, e si mettesse in lite con quel zio che l'havea guidato in galea per lo mondo. Durò alquanti anni, e in questi entrò in briga di questione con un cavaliere suo cugino; rimase su l'honor suo. Del '57, passato il mare in Ancona, fu a Roma, ed impetrò un beneficio assai buono, ma in sul prenderne possesso il medesimo zio se gli oppose, onde si rinnovò una altra lite che durò fino al '60, e per sostenirla si appoggiò al conte di Zaffo leggendogli l'Etica di Aristotele. L'anno '61 morì il padre al conte, ed egli come primogenito rimase successore della contea che era in Cipri in governo del Sig. Giovanni Contarini suo fratello, il quale richiamò a Venezia, e, non piacendogli gli ordini lasciati nel governo della contea, mandò il P. a riconoscer le cose, e i villaggi, e gli huomini, e i carichi loro e le entrate 2).

1) La dimora ad Ingolstadt e il ritorno a casa erano sconosciuti, come pure l'anno della sua andata a Padova (cfr. op. cit., pag. 179).

2) Il Guerrini: «Lasciamo ad altri più fortunati lo schiarire il perchè dei lunghi viaggi del nostro Patrizio» (op. cit., pag. 186). Ecco il Patricio dare ora gli schiarimenti da sè.

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Il che il P. fece con tanta diligenza che spiacque al Conte e spiacque al fratello e ad un cugino Giorgio Gradonico, cheX anni l'havea prima governato; i quali gli sono poi stati sempre nemici.

Su le informationi date per lettere al Conte, di potersi migliorare i luoghi e accrescere l'entrate, il Conte il richiamò a Venezia, e propostogli il governo della contea con onorate e utili condizioni il rimandò in Cipri. Il che fu cagione che il Patricio non andasse a Roma, ove era suo disegno di vivere. Tornatc in Cipri, tosto si diede a bonificare un grosso villaggio presso a Famagosta, detto Caloprida, di una bellissima campagna che pativà d'acqua soverchia, e potea riceverne beneficio. Fece alvei per isgravarla, e chiuse tra argini le acque invernali, serbandole per inacquare e seminar bambagia: il che gli riusci felicemente in tanto che il Conte trovò partito di venderlo 43 mila ducati, ove, avanti che il P. lo bonificasse, a ragion d'entrata non valea più di 16 mila. Bonificò un altro casale detto Matoni, cavando l'acqua, che andava perduta sotto la giaia di un torrente, facendovi sotto un muro per traverso, e migliorollo con poca più spesa di ducati 200, di una entrata di 500 di più che valea prima. Ma l'esser andati gli anni del suo governo male, o di troppi secchi per le biade, o per la nebbia che essi chiaman mirto, che le aduggia, e tra le spese de' miglioramenti, poco potè mandare al Conte, oltre a gottoni fatti per sua industria ne' due luoghi bonificati. Onde nacque occasione a' suoi nemici di calunniarlo col Conte, onde cominciò questi a lamentarsi con lettere, e 'l P. a rendere ragioni di sè. Le quali vedendo che non erano accettate, chiese licenza di non voler più servire, che gli fu data a molte repliche fatte; il casale venduto per lo sudetto prezzo; e volendo il P. venir a Venezia a rendere conto della sua amministrazione, fu lasciato ad istanza di Filippo Mocenico') allora Arcivescovo di Cipri, per segretario e per governatore di tutti i villaggi sottoposti all'Arcivescovato, ove fece alcuni ordini per bonification loro, e in capo a un anno col padrone si tornò a Vinegia e a Padova 2), ove si rimise ne' suoi studi, per più di 6 anni del tutto tralasciati; e in questo mentre, nategli certe male satisfationi dall'arcivescovo 3) e offertogli partito di andare a servire per filosofo il Duca di Francavilla, vicerè di Catalogna, accettò il partito, e licen

1) Il Guerrini: A chi volesse imbarcarsi nel mare delle ipotesi, notando che il Patrizio dedicò le sue Discussioni Peripatetiche ad un altro Mocenigo, sarebbe facile il supporre che un vincolo di servitù o d'impiego legasse il Patrizio a quella illustre famiglia (op. cit., pag. 186).

2) Il Tiraboschi, allegato dal Guerrini (ibid, pag. 187), dubita di un terzo viaggio a Cipro durante il quale quest' isola sarebbe caduta in potere dei Turchi: ma ben gli si oppone il Guerrini. Le parole poi del Patricio: Cyprica clade oppressus (Discuss. Peripat., lib. IV) non trovano in questa lettera ragione, poichè non sembra si possa intendere che egli abbia espresso così le male satisfazioni dell'arcivescovo; oppure, la perdita del carico di cotone, narrata più innanzi, quando appunto andava l'armata turchesca a Cipri. Di questa dimora a Venezia e Padova e della ripresa degli studi non parla il Guerrini. Nota egli invece un viaggio a Modena, notizia fornitagli da una lettera al Manzoli dello stesso Patricio, il quale qui invece non ne fa cenno (op. cit., pag. 187).

3) Il Guerrini: ma però non sappiamo anche qui quale sia stata la causa della emigrazione (op. cit., pag. 188).

tiatosi dall'Arcivescovo andò a Barcellona. Ma trovandosi alla prima giunta mancare nella provvisione di denari promessa, e udendo lamentanze del Duca, di essersi tirata una spesa di 500 ducati l'anno in tempo di suoi gran debiti, gi fece dire non essere venuto per incomodarlo, e però dessegli viatico per lo ritorno, che tornerebbe ond'era venuto. Cosi fu fatto; e per non riportare molte casse di libri che havea seco condotti, nel vendergli s'accorse che vi si guadagnava assai; da che invitato, lasciò un servitore, tolto a Famagosta dall'ospitale infermo, con un da Reggio, che aspettasse che io lor mandassi libri da Venezia, e così feci, facendo seco compagnia nel guadagno. Il primo anno risposer bene; ma mandato con altro tal capitale due nipoti di sorella rimasa vedova e povera, venuti in discordia tra loro non mandavano nè questi nè quelli più i ritratti. E fra tanto andava l'armata turchesca in Cipri, e trovato alle Saline molti gran sacconi di gottone de' suoi, ch'egli havea fatto fare da un suo compagno a cui havea lasciati ducati 3500 da investire, tutti gli perdè che se venivano a Venezia salvi, triplicava li dinari, e stava ben per sempre. Ma oltre a questa perdita, non cavò utile niuno, anzi hebbe molto danno in rihavere ducati 725 lasciati al suo andar in Spagna ad un amico che gli trafficasse a metà a guadagno; ma senza niun utile a pena gli rihebbe, e andarono a pagar i libri mandati a color in Spagna, e non bastarono. E in questo stesso tempo dimandando il Patricio al Conte di Zaffo ad osservargli la promessa di dargli ducati 200 d'entrata se migliorava i luoghi suoi, cominciò a perseguitarlo, e per liti e per altro. Onde, astretto da necessità, convenne tornar in Spagna a rimediare a' disordini de' suoi; e bisognò entrar in lite co' nipoti, e con quegli altri, e ir alla corte a vendere al Re per la sua libreria di S. Lorenzo del Scuriale 75 pezzi di libri Greci scritti a mano, tratti di Cipri, rari e non stampati '): portati in Ispagna per necessità e con speranza datagli da Diego Guzman di Silva, Ambasciatore a Venezia per lo Re, che mi sarebbon ben pagati e usato anco mercè. Andai alla corte in tempo che v'arrivò anco Don Giovanni; proposi modo al Re con util suo e senza aggra

1) Il GRAUX, Essai sur les origines du fond grec de l'Escurial (Bibl. de l'École des hautes études, Paris, 1880, a p. 127) descrive così questi codici del Patricio: Plusieurs manuscripts de l'Escurial portent la marque de provenance suivante: De los de Francisco Patricio. Dans . II. 7, se lit la même indication, mais avec la mention en plus, que ces volumes de Patricius lui ont été achetés: De los que se compraron de Francisco Patricio » . Il Graux seguita riproducendo la notizia biografica, abbastanza esatta, che del Patricio dà il MILLER (Catalogue des manuscripts grecs de l'Escurial); in fine egli soggiunge la seguente lista di mss. Patriciani: «E. III. 8: Proclus, Institution théologique; commentaire sur le Cratyle, sur le prémier Alcibiade. - T. II. 11 e T. II. 15: Libanius (en deux tomes). . II. 7: Nicéphore Blemmyde: Logique, physique, philosophie, etc. - Þ. II. 11: Plotin. P. III. 15: Mélanges: sur la prosodie grecque; Demetrius Cydonius; Georges Scholarius; Théodore Gaza; Andronicus; Bessarion; Extraits de l'histoire écclesiastique; de Socrate, etc. Y. III. 6: Seth, traduction de Calila et Dimna; Psellus, etc. - T. IV. 1: Mélanges: Planude, traduction du Songe de Scipion; Denys le Périég.; Théodore Gaza; Les Caractères de Théophraste; Denys, De composit. verbor.; Philostrate; Libanius; Lettres de Byzantins, etc.. Il Graux crede, e non a torto, che la vendita di codesti mss. debba porsi circa al 1572, e si fonda per ciò su due lettere di Anton Augustin a Zurita, nelle quali il Patricio è molto lodato.

vio de' popoli di far un'armata di 300 galere. Fui ascoltato, ma non premiato. Hebbe del prezzo de' libri mille reali soli, e degli altri un dispacchio per Millano di Ducati 660 1). Tornò a Barcellona, rinnovò la lite con quel di Reggio: in capo di 13 mesi nacque sentenza che si dovesse citar anco il suo compagno che era in Italia. Onde esausto in estremo, convenne tornar in Italia: ma trovò la peste a Milano e in Lombardia, onde si fermò a Modona alcuni mesi; fino che, andato il Signor Duca in visita dello stato, per lo mezzo de segretario Montecatino, che l'havea conosciuto in Ferrara del '56, fu chiamato a questo servigio l'anno 15772), ove da quel tempo si riposa, studia e scrive.

Molte impertinenze sono qui, e molte cose ha lasciate. Vagliasi l'amico di quelle che per lui fanno.

A V. S. III.ma bacio la mano. Di V. S. Ill.ma

Di Ferrara, alli 12 gennaio 1587.

[FRAN.CO PATRICIO.]

II.

Molto Ill.re mio Sig.re oss.mo

Ho lette le conclusioni Platoniche del S. Verino. Tutto è buono, ma si potea trattar più largamente, si come pare a me di haver fatto questi due mesi passati, che in materia Platonica ho fatto 4 Libri. Il primo con titolo: De Platonicae philosophiae scopo et prestantia; il 2° Cur Plato dialogo scripserit; il 3o de ordine Platonicorum dialogorum3), e il quarto De Platonicae philosophiae cum christiana consonantia et Aristotelicae ab utraque dissonantia^). Dopo fatti i quali, ho ripreso questo mese la mia Filosofia, l'indice de’libri della quale mando qui inchiusi a V. S. insieme con le Deche finite della Poetica. Avvertendo a V. S., che nella filosofia, siccome Aristotile per via del moto trovò il primo motore, così nella Panaugia io lo trovo per via del lume e della luce 5), e poi nel Pancosmo con metodo Platonico descendo alla produttione delle cose. Ed

1) Nella dedicatoria del libro del Patricio: La milizia Romana di Polibio, di Tito Livio, e di Dionigi Alicarnasso, Ferrara, 1583, si legge: privo di un tesoro di antichi libri greci. Il Guerrini (pag. 188) attribuiva a ciò le parole: Cyprica clade oppressus, e pare

a torto.

2) Il Guerrini sulla testimonianza di un documento citato dal BORSETTI (Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrariae, 1735, t. II, pag. 202) dice (pag. 189) che Alfonso II chiamò il Patricio ad insegnar filosofia nell' Università ferrarese l'anno 1578. Sembra invece che egli vi avesse prima qualche altro impiego, se vi andò chiamato l'anno 1577, come qui afferma, o che vi andasse negli ultimissimi giorni di detto anno, senza aver la nomina.

3) Riporto qui i titoli delle singole operette come sono raccolte nel grosso volume della Nova Philosophia, Ferrariae, 1591. Platonicorum dialogorum novus perictus à Francisco Patricio inventus ordo scientificus (a c. 4 V.).

4) Et capita demum multa, in quibus Plato concors Aristoteles vero, Catholicae fidei aduersarius ostenditur (ibidem).

5) FRANCISCI PATRICII, Nova de universis Philosophia, in qua Aristotelica methodo nou per motum sed per lucem et lumina ad primam causam ascenditur.

ora sono dietro a finire: De iis quae in aere fiunt '); e seguirò De iis quae in mari et aquis fiunt, particolarmente, e in fine De iis quae fiunt in terra et sub terra 2). Dopo i quali tesserò De humana philosophia, riconducendo l'huomo in paradiso.

V. S. faccia parte di queste mie fatiche al S. Alberto della Fioraia, al S.' Bardi e agli altri amici intendenti.

Di Ferr.", alli 27 novembre 1589.

Di V. S. M. Ill.re

servitore aff.mo FRAN.CO PATRICIO.

1) FRANCISCI PATRICII, Pancosmiae. De Aethere ac rebus coelestibus, lib. XIII (a c. 138 r.). 2) FRANCISCI PATRICII, Pancosmiae. De aere aquis terra, lib. X (a c. 177 r.).

LAMENTO DI UN ISTRIANO

MICHELE DELLA VEDOVA DA POLA

per la caduta di Costantinopoli.

Fra le tante altre memorie e descrizioni contemporanee sulla caduta di Costantinopoli '), hanno anche una parte non al tutto insignificante le poesie e singolarmente i Lamenti composti in quell'occasione. Talvolta essi hanno anche un pregio storico, perchè ci porgono dei particolari che si cercherebbero forse inutilmente altrove; sempre poi servono a ritrarre meglio di qualunque altro documento il terrore che fu grandissimo in tutta Italia all'annunzio dell'entrata vittoriosa di Maometto II nella vecchia Bisanzio. Fu un sentimento generale di rimorso che prese allora gli Italiani, i quali « si rimproveravano tra loro le stolte guerre, si vergognavano di avere per basse e scellerate cupidigie aperta al

1) Vedi oltre agli storici bizantini raccolti da I. BEKKER (Corpus script. byzant., Bonnae, 1838) il Giornale dell'assedio di Costantinopoli di Nicolò Barbaro (edito da E. CORNET, Vienna, Tendler, 1856), le Relazioni di Giacomo Tedaldi (MARTÈNE, Thesaurus novus, I, 1819-25), quelle di Ubertino Puscolo Bre-. sciano, di Gio. Maria Filelfo, di Antonio Lusco da Vicenza (nel DETHIER, Monumenta Hungariae historica, vol. XXIII), del genovese Adamo di Montaldo (Atti della Società ligure di Storia patria, X, 287), e le lettere dei cardinali Bessarione di Trabisonda e Isidoro Ruteno, di Leonardo da Scio arcivescovo di Metellino, ecc.

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