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Inutile avvertire l'importanza di questi ritmi per istudiarvi i passaggi della poesia e metrica latina nella volgare. În mezzo alla sconquassata sintassi serpeggia la ricerca del minuto, l'analisi del particolare, l'amplificazione, non per altro insipida. In mezzo al perduto sentimento della quantità spira un alito di poesia semplice, che annunzia, se non le mammole, le primole del ver novum latino. Tralasciai certe crudezze di espressione che pur attestano la purezza,

foecundavit spiritus Virginis vulvam;

e certe mosse di retorica popolare:

Vulpes Herodes, cur cauda dissimulas
praedam captare? Belluino gutture
sanguinem sitis: agni carnes esuris,
lupe crudelis.

L'entrata dell'inno su la Resurrezione è splendidamente umana. Il poeta santo del secolo VIII non insiste, come il poeta convertito del decimono, sul miracolo: per la fede di lui il mistero è un fatto, a cui la natura partecipa rallegrandosi. Il Manzoni e altri poeti dimenticarono che la risurrezione di Cristo è anche la risurrezione dell'anno, la risurrezione della gioventù primaverile dalla morte dell'inverno; che la pasqua è anche la festa del sole: quel sentimento di gioia serena, quella voglia di luce e di verdura che piglia gli animi del popolo in quei giorni di festa, sentimento e voglia che il Goethe rappresentò così bene nel principio del Faust, sono ignoti alla poesia nostra; ma il vecchio patriarca li canta con rapimento d'inno quasi naturalistico:

Refulget omni luce mundus aurea,
perfusus aether inrorat dulcedinem,
astra jucundis coelum luminariis
cingit per omne decus radiantia,
distillat aer balsamorum guttulas.
Occasus, ortus, aquilo, septentrio,
tellusque, pontus, oceani limites,
late polorum iubilate cardines,
fontes aquarum, flumina labentia,
gaudete, campi, montium cacumina.

Surrexit ecce dominus ab inferis,

devicta morte cum triumpho rediit

victor, iniquum spoliavit tartarum,

claustra gehennae fregit, et chirografum

mortis cruore diluit rosifluo.

Anche Paolino osò introdurre nel suo inno la narrazione evangelica; men rapido, men potente del Manzoni, ma più compiuto. Egli spigolò dai vari evangelisti i particolari e le movenze più improntate di affetto e di verità. Da Luca le donne che andarono al sepolcro portando gli aromati che avevan preparato (XXIV, 1), da Giovanni (XX, 11) il seder l'angelo in vesti bianche, pur da Luca il domandare Perché cercate tra i morti colui ch'è vivo? (XXIV, 5); il resto da Matteo, dal quale ripetè anche la ingiunzione dell'angelo alle donne: E andate subito, e dite a' discepoli suoi ch'egli è risuscitato, ed ecco vi va innanzi in Galilea; ivi lo vedrete.

Venit Maria Magdalena sabbato,
Maria venit altera diluculo

Ad monumentum, portantes aromata
Ut valde mane corpus sacratissimum
Christi lenirent redolenti chrismate.
Angelus ecce domini perfulgidus
Sedens in albis, revoluto lapide,

Illas refovit talibus alloquiis:

Quid vos in astris viventem cum mortuis
Quaeritis? ipse surrexit ut dixerat.

En ecce locus ubi fuit positus

Dominus ite, dicite discipulis

Quia surrexit, Galilaeam petiit,

Destruxit eum qui mortis imperium

Habebat, ante sicuti praedixerat.

E, già che non avrò più occasione a discorrere di questo grammatico patriarca, poeta barbaro e santo, riferisco anche alcune strofe dell'inno per la dedicazione d'una chiesa, piene di solennità veramente pontificale, e d'un sentimento ieratico che manca affatto, di necessità, alla poesia religiosa moderna, anche del Manzoni.

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Sit angelorum hic alba frequentia,
Descendat omnis huc coelestis gratia
Diffusa sancto largiente spiritu,

Vultu sereno sancta semper Trinitas
Pio favore dignetur inspicere.
Nubes sacrata, quae pendens incubuit
Deo iubente supra tabernaculi

Tectum beatus quod Moyses in heremo
Fixit, precamur huius aulae moenia
Afflata sancto perfundat spiramine.
Famosa dudum quae replevit atria
Templi dicati nebula perlucida
Orante puro Salomone pectore,
Hanc, Christe, coeli missa de cacumine
Domum fecundet sempiterno munere.
Quicumque tuum sanctum nomen supplici
Plenoque corde deprecatus fuerit
Huius in aedis sancto domicilio

Te largiente sit liber a crimine:
Exclude pestem, morbes omnes dilue.

V.

Tornando al Manzoni e venendo alla seconda parte, ove il suo inno canta gli affetti e gli effetti che la commemorazione festiva del mistero della Resurrezione risveglia e opera, o dovrebbe risvegliare e operare, nella società cristiana, non importa ricordare o notare che il poeta moderno pe 'l sentimento alto sincero pacato dell'eguaglianza e della fratellanza umana onde egli comprende e abbraccia il cristianesimo avanza di molto così il santo poeta del secolo ottavo, come i men vecchi innografi e verseggiatori devoti. Per virtù di tal contenuto questa seconda parte, tutto che soltanto parenetica, non cede nè scade dinanzi al grande effetto della prima, più veramente e liricamente commossa, anzi compie l'ode in una quiete solenne che fa pensare. E il passaggio non è, come avviene in troppe liriche italiane moderne, strascicato e faticoso o fatto a passo di minuetto ed ansante: l'inno scorre naturalmente dalla narrazione della leggenda evangelica alla rappresentazione che si fa di essa nella festa della chiesa cattolica.

Via co' pallii disadorni

Lo squallor della viola:

L'oro usato a splender torni:
Sacerdote, in bianca stola
Esci ai grandi ministeri,
Tra la luce de' doppieri

Il risorto ad annunziar.

<< Riviene osserva il Tommaseo, e la osservazione è giusta massime per un credente cattolico - alla commemorazione de' riti ecclesiastici, che ricrea qui pure le menti di poesia ben più vera che in sul primo non paia... L'intenzione è qui ben più che di tessere una descrizioncella delle cerimonie della Chiesa, o parer singolare nobilitando un'idea comune: ma è dichiarare l'importanza ed il senso delle ecclesiastiche solennità; dimostrarci come le pratiche visibili della Chiesa siano collegate coi misteri invisibili; presentare il mistero ne' molteplici suoi aspetti; e nella origine prima, e nella assoluta sublimità, e ne' presenti riti e doveri che impone a' credenti. Le pratiche della religione soglionsi nella mente di talun de' fedeli separare così spesso dallo spirito della religione stessa, che richiamarvele, come il Manzoni qui fa, e farne sentire l'armonia, è ben più che bellezza poetica; è un'opera buona». Del resto l'autografo al verso 5° ha Esci (è uno scorso di penna?) e al seguente questa variante non cancellata, Fra i molteplici doppieri, non davvero notevole.

Da l'altar si mosse un grido:

Godi, o Donna alma del cielo,
Godi; il Dio cui fosti nido,
A vestirsi il nostro velo,

È risorto, come il disse:

Per noi prega: Egli prescrisse

Che sia legge il tuo pregar.

Come più a dietro il vangelo, qui il poeta volle tradurre l'antifona che la Chiesa canta nella messa pasquale: Regina coeli, lactare, Quia quem meruisti portare Resurrexit sicut dixit: Ora pro nobis Deum. Non bene, parmi : simili prove è pericoloso ripetere. Quanto inferiore l'accademico donna alma del cielo allo schietto Regina coeli! E nei versi 3 e 4 il dantesco nido non conviene col petrarchesco velo, e sono ambedue troppo piccoli termini per l'idea di Dio; e

il tutto suona e si strascica faticosamente inferiore al nettissimo quem meruisti portare, che ha di meno il Dio e di più il meruisti, la cui mancanza non è virtù che compensi nella versione manzoniana. Nel quinto verso il avanti disse al Tommaseo non parve necessario; e a me pare inutile e inelegante. Il sig. Venturi nota: «Non è dell'uso de' classici, ma è forma oramai entrata nella lingua viva 1)». Di che io dubito: a ogni modo, peggio per la lingua viva. Il Venturi seguita: «Nello stesso Niccolini, studiosissimo di questa e fiorentino, non di rado si trova». E starà male anche nel Niccolini. Da ultimo, « le parole che conchiudono la strofe anche il Tommaseo - sanno un po' di commento ».

nota

Il quale Tommaseo della strofe che seguita dice: «< Sarebbe da compiangere chi non sentisse la bellezza che è in questa stanza; l'armonia ch'essa rende posta appresso alla preghiera rivolta a Maria; la dolcezza di quell'apostrofe, o fratelli ».

O fratelli, il santo rito

Sol di gaudio oggi ragiona;
Oggi è giorno di convito :
Oggi esulta ogni persona:

Non è madre che sia schiva
Della spoglia più festiva

I suoi bamboli vestir.

Dispiace dover appuntare qualche menda di locuzione. Essere schivo ha troppo l'idea o d'orgoglio e di falsa delicatezza o di pudore e di ritrosia, e non par convenire qui a questa madre. Di spoglia per veste c'è un esempio dell'Ariosto (Fur., XIV, 33); ma nella lingua parlata e scritta dai più vuol dire quello di che altri è spogliato o si spoglia: le spoglie si dànno ai camerieri o alle cameriere. Bamboli per bambini sul serio, riderebbe a udirlo un fiorentino,

quem penes arbitrium est et jus et norma loquendi, secondo le ultime dottrine linguistiche del Manzoni.

Della gioia dei bambini raccolta ora in tre versi il poeta da principio volea farne una strofe: si legge nell'autografo:

1) ALESSANDRO MANZONI, Gl'inni sacri e il Cinque maggio dichiarati e illustrati da LUIGI VENTURI, Firenze, Sansoni, 1877; che, del resto, è un lavoro fatto bene e utile.

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