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alla Comunità, dato dal giureconsulto veronese Nicolò Maffei 1), « un valent'uomo scrive il M. - punto interessato nella contesa, cui nessuno può accusare di parzialità o di mal animo »; un uomo, diciamo noi, anche troppo spassionato. L'altro, che il M. pubblicò « perchè meglio si sappia con quali angherie si cercasse di smuovere i Roveretani dalla opposizione alla Camera di Reggenza, che avea imposto un dazio sul vino ad onta dei diritti e dei privilegi della Comunità, con la quale direttamente non avea a che fare »>, è una «< protesta approvata ad unanimità nella raunata del Consiglio il dì 14 giugno 1564, che fu l'ultima, essendo stato di poi sciolto il Consiglio dai Commissari imperiali con l'arresto dei capi». Poichè nel nostro Archivio sono raccolti tutti gli altri, crediamo utile ripubblicare qui entrambi questi documenti:

Mag. sig. hon.

Dalla esposition fatta per il sp. D. Cristophoro Rosmini, accompagnata da littere de V. M ad esso dirette et dalle scritture producte, vedo nella causa del dazio del vino promoversi difficultà, imperocchè l'inclito Comitato de Tyrolo consente a tale imposition, et pare esser mente di Soa Maestà come Prencipe dil Paese et sudecto Comando che la vostra sp. Comunità et Giurisdition sia con esso incorporata, arguendo che voi sete stati presenti et citati insieme con li Tyrolensi a una dieta, dove fu dato il consenso; che per la Capitolation vostra fu concesso l'appellation devolutasi in Isprugh, capo superior del Contado; che havete giurato fedeltà serenissimo regi Ferdinando et propinquis haeredibus successoribus, et cussi aver consentito esser dil patrimonio regio, onde non potete reclamare, quando sia mente de Soa Maestà dar il dominio de questa vostra Giurisdition ad uno delli haeredi et unir quella come fondo et ragion haereditaria. Aggiongo, che a questo consentono alcune parole delli vostri Privilegii, dove sete nominati fedeli dell'ill. Casa d'Austria; perchè non li avendo di presente non ho veduto. Et di più nell'ultimo della Capitolation vostra consentite, che Soa Maestà volendo trasferire in alcuno la Terra vostra, sia data a un baron over prencipe del sacro imperio, over dil Contà de Tyrol, grato perhò et da esser eletto per essa vostra Comunità Ma in vero, sendo la vostra Comunità, come è, separata, et vivendo con leggi et ordeni separati et con Praetura distinta et oltra li confini dil Contà de Tirolo, come vien asserito in uno dei vostri Privilegii, tengo ferma conclusion, che il Prencipe per giustizia non possi unir voi non consentienti col Contado de Tyrol, et che sia una fatuità dir altrimenti. Sento ancora che per li accidenti prenominati non si possi dire che per alcun modo habbiate consentito a tale union, stante li dissensi vostri et perchè ad essa bisogneria concorrer altre et maggiori dimostrazioni. Et quando meglio si potesse dire che fusti conosciuti come adhaerenti del Contà Tyrolense (che saria il fine dove si potesse estendere li Atti su circostantie sudette) non perhò seti obbligati assentire alle deliberation dil Contado, et massime onerose. Et quando Soa Maestà volesse unirvi all' imperio et signoria dil Conte de Tyrol, questo non saria perhò incorporar la Terra vostra nel Contado e col Contado, perchè sono termini differenti. Et crederia se nella Assignation qual facesse Soa Maestà non fosse espressa coniunctive et copulative per sè stessa la Terra et Giurisdition de Roveredo, mai si intendesse, che voi fusti compresi nella Assignation, qual si facesse, del Contà de Tirolo. Et vero che seria poncto disputabile, se voi potesti reclamare ad ogni fatta assignation divisamente della Terra vostra, perchè seti devoti alla Ces. Maestà, havendo rispetto se l'Imperatore puole sminuir in alcuna parte la ragion dell' Imperio, et senza il consentimento di sudditi over con

1) Il M. avverte che il Maffei non mandò al Comune che questa sola lettera; l'altra ricordata nell'Archivio (vol. III, pag. 82, n. 2) assieme a questa, non è del Maffei, « ma inspirata o fatta sulle risposte di lui ».

federati, et parimenti considerato quell'ultimo Capitulo della Capitolation producta, aggiungendo che forsi saria riputata indignità inconsiderata dire che non vi fusse grato il Prencipe Austrio.

Et perch'io vedo che di questo et altri belli et molti articoli si tratta nelli dubii trasmessi, ne li quali consiste il nervo di tutte le difficultà et la tutela delle ragioni vostre, sarò contento con diligenza et studio, qual non sarà poco, veder, discorrer et servir per quella vostra sp. Comunità, quanto si potrà dire et considerar; ma sarà bisogno tolerar qualche dì, perchè, come sa la Signoria vostra, se trattano nelli dubii molte questioni grande et belle, nè si può, volendo veder compitamente et non scorrer per li repertorii, far opera bona senza interposition di tempo. Mi sarà caro veder li Privilegii et il Recesso 1531 et altre scritture, per intendere tutto il fatto et non praetermittere alcuna cosa. Ho letto le scritture mandate et la presentata al Regimento per il Nuncio. Se per il discorso fatto di sopra appar che si possi far alcuna addition, quella con l'autorità et approbation sua et secondo il suo parer faranno, perchè ad essa mi riferisco. Il consiglio sarà spedito l'ultima festa di Pasca prossimo senza più mora, et fatto sarà dato nelle mani del Gioan Simone (?) secondo l'accordo del sudetto Cristophoro. Et con questo facendo fine raccomando di cuore

di Verona il di 19 maggio 1564

Mag.ci Provveditori

della sp. Comunità di Rovereto

soi Osser.mi

di V. S. NICOLÒ MAFFEIO.

II.

Do. Provisores proposuerunt in Consilio fuisse facta proclamata circa prohibitionem abducendi lignamina incisa in monte Zunae super Villam Plebis sine solutione Dacii, ut in proclamate, nec non, ut fertur, fuisse etiam prohibitum, quod lignamina quae conducebantur a Comitatu Tyrolis pro necessario usu huius Iurisdictionis, non possint emi vel conduci nisi solvatur vectigal; quae omnia tendunt contra iura et privilegia caesarea ac immunitates huiusce sp. Comunitatis ac Iurisdictionis. Ideo vadit pars, quod de praemissis fiat protestatio in scriptis nomine Comunitatis ipsi Magn. Capitaneo, qualiter de praemissis, uti tendentibus in praeiudicium iurium Comunitatis, ut supra, Comunitas non consentit, sed protestatur de nullitate, quia sua Mag.a nullum ius habet aliquam exercendi iurisdictionem per officialem nec per alium quemvis modum, et sic nec faciendi proclamata, quavis ratione vel causa, nec pignorandi, nec alium quemcunque actum iurisdictionalem faciendi, quia haec Iurisdictio, tam in civilibus quam in criminalibus indifferenter, fuit collata huic Comunitati privative et non cumulative exercenda per Iudicem ordinarium Magn. Do. Praetorem iuxta Privilegia caesarea; et quod ad lignamina, nullum ius spectat tam respectu authoritatis in prohibendo et tam de qua supra, quam etiam respectu lignaminum et ipsorum nemorum, quum haec omnia sint in libera possessione ac pleno dominio ipsorum concivium nec non et particularium quorumcumque possidentium, quae omnia bona et alia quaecumque huiusce Iurisdictionis fuerunt promissa manuteneri per sacr. Caesarem libera, uti propria huiusce Iurisdictionis, et sine aliquo gravamine, et tam personas quam res, omnia assumpta in protectionem a sua Caes. Majestate. Praeterea, et quod ad ligna pro necessario usu a Comitatu Tyrolis emenda seu conducenda, pariter Privilegio Caesareo fuisse concessum emi et conduci posse sine aliquo gravamine, ut in ipso Privilegio caesareo. Et quia intendit fuisse pignoratos quosdam cives Roboreti possidentes bona in Villis ad onus plaustrorum per magn. Cap., quum hoc sit contra libertatem promissam manuteneri et in protectione haberi a sua caes. Majestate, iccirco, tam respectu authoritatis pignorandi, quam etiam respectu oneris plaustrorum et praemissorum omnium et singulorum, uti praeiudicialem Iuribus Comunitatis, ut supra, et aliorum quoruncunque actuum quae in publicum fuerunt facta in praeiudicium Iurium sp. Com. Roboreti, quum quae in praesente vel in futurum fieri vel attentari contingerent, sp. Consilium non consentit quoquo modo,' sed protestatur in omnibus de nullitate, quia intendit haec Comunitas illis Privilegiis stare et cum illis

semper vivere; et quod sp. Do. Provisores de praemissis protestentur Magn. Capitaneo, et scribatur et intimetur Do. Ill.mis de Regimine, significando suis Ill.mis Do. et omni qua decet reverentia supplicando, ut advertant et prevenire dignentur, ne in suis commissionibus offendant Iura et Privilegia caesarea huiusce Comunitatis et Iurisdictionis, quia in omnibus in quibus fuissent nocumento aliquo in praeteritum vel praesenti vel in futurum forent, nullatur haec Comunitas consentit, imo cum omni qua decet reverentia de nullitate protestatur ad conservationem Iurium et Privilegiorum huius Comunitatis et Iurisdictionis.

(Datis et exactis suffragiis capta fuit de omnibus).

Il M. aggiunge: « La lite finì, come è detto nell'Archivio, verso la fine del mese di giugno con l'occupazione militare di Rovereto e con l'arresto dei provveditori e dei capi della città: e dopo due mesi di sofferenze i Roveretani, con atto dei 23 agosto 1564, dovettero cedere davanti a 500 soldati. Anche ai detenuti nel Castello non restava che di chinar il capo; e con atto dei 16 novembre si sottomisero i sette consiglieri Paride de' Benedetti, Michele Saibanti, Gaspare Savioli, Ramengo Parolini, Iacopo Antonio Boni, Marco Marchetto e Donato Cigaloto. Dopo aver tanto lottato con quel santo fervore che viene dalla coscienza dei propri diritti vilipesi, costretti a chiudere la bocca davanti ai saccheggi ed alle armi, i Roveretani, cavillando sulle parole dell'atto di sottomissione, protestarono contro il vocabolo deffectio, ma anche questa parola per ordine della Camera d'Innsbruck (lettera del 1° marzo) dovettero sottoscrivere ai 13 di marzo 1565: e intanto i provveditori e il sindaco dottor Matteo Del Bene erano ancora carcerati nel castello, perchè in quest'ultimo documento si legge: quorum adhuc aliquot illic in arce Roboreti vincti detinentur ».

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Col titolo Stato misero d'Italia nel 1555, il signor ANNIBALE CIVALIERI ha pubblicato in un elegante fascicolo (Torino, tipografia Bona, 1886; 8o, pp. 12) il facsimile e la illustrazione di un curioso foglio volante che si conserva nel suo archivio famigliare, e che rappresenta, appunto per via di allegorie figurate e di parole, le tristi condizioni politiche della penisola a mezzo il cinquecento. Una matrona seduta e piangente, l'Italia, campeggia nel quadro: ai piedi ha la corona caduta, e i figli nudi e legati; sul capo un drago minaccioso, ch'esce dalle regioni del sole, il Turco, la questione orientale; e tutto all'ingiro animali, stemmi ed altre figure simboliche con varie scritte latine, appropriate alle parti della penisola e alle loro miserie. Notiamo nell'angolo superiore, a sinistra di chi guarda, l'aquila bicipite che fa capolino e stringe con l'artiglio alcune castella; accanto a queste una città maggiore, Venezia, simboleggiata poco più sotto anche dal leone, il quale, unica guardia della donna, minaccia hinc procul estote a cani, orsi e galli ch'escon dai monti, delle Alpi; e, pure in alto del quadro, a destra, accanto al Turco, una figura femminile che getta monete a un'aquila, a un drago, a un gallo e a un pescatore: Epidaurum, dice la scritta.

Sotto l'incisione, disposte su quattro colonne, 32 terzine, un vero e proprio

Lamento; poesia non priva di forti sensi nazionali, e di molto dolore per le piaghe e divisioni d'Italia rappresentate nel quadro ch'ella dichiara. Ne riferiamo le prime terzine, nelle quali si spiegano appunto le figure che abbiamo descritte, quelle che ci interessano maggiormente:

Io son l'afflitta Italia, anzi pur fui,

che piango la mia gloria in terra scesa,
e doler mi vorrei, nè so di cui.

Deh, poi ch'io non son forte a far difesa,

perchè non poss'io almen morire, e a un'ora
finir mia doglia e l'altrui rabbia accesa?
Vedi il Turco crudel, che d'ora in ora,
per la discordia de' principi, adopra
sempre a mio danno e quasi mi divora!
Il monte ch'alla destra mi sta sopra,
donde n'escono fuor galli, orsi e cani,
è l'Alpe, la qual par che mi ricopra.
Quindi vengono i fieri oltramontani :

galli sono i Francesi; gli orsi brutti,
Tedeschi; Spagnoi, veltri, animai strani.
L'arme partita sopra questi tutti

ne l'angolo di sopra, è il re Ferrando, ch'anch'ei di me non ha gli artigli asciutti. Costui tre terre mi viene usurpando,

cioè Gorizia, Gradisca e Trieste,

che già San Marco aveva a suo comando.
Vedi Ragusi ancora appresso a queste,
ch'al pescatore, al drago, aquila e gallo
rende tributo perchè in pace reste.

La città trionfante, là in disparte,
l'alma Vinegia è, sola intatta figlia,
sopra di cui non ha possanza Marte!
Sola sè stessa e null'altra somiglia;

e con Ferrara e'l Santo Padre stassi
lieta, e a vivere in pace li consiglia.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

TOMASO BOTTEA, Storia della Val di Sole. Trento, tip. G. B. Monauni, 1885. 8°, pp. 125.

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Don Tomaso Bottea, parroco decano di Malè, è uno dei pochi preti trentini che sappiano occupare gli ozî della cura con lo studio e colle assidue ricerche di storia patria. Dopo la Cronaca di Folgaria e le Memorie di Pergine e del Perginese, ecco ora questo volume sulla Valle di Sole, frutto della sua attività, che merita di essere additata come esempio ai suoi giovani colleghi, ai quali, se non mancasse la voglia, non mancherebbe di certo neanche il tempo di imitarlo.

Il titolo del libro non corrisponde veramente al contenuto; e chi aprisse il volume del Bottea sperandovi una compiuta Storia della Val di Sole, resterebbe certamente disilluso. Non vi troviamo in quella vece che dei capitoli sciolti, senza quasi alcun nesso fra loro, certo senza una'naturale consecuzione cronologica; una serie insomma di studî di vario argomento sulla Valle di Sole, composti in tempi differenti; e ne conseguono necessariamente parecchie ripetizioni con poco vantaggio della brevità, e, quello che più importa, della chiarezza.

I tre primi capitoli (Descrizione della Valle - Origine ed incremento della popolazione - Mezzi di sussistenza) ci dicono ben poco della storia di Val di Sole; non sono tuttavia senza interesse le notizie che ci porge il terzo, dov'è parola delle condizioni economiche del paese e dell'emigrazione periodica di quei solerti e industriosi alpigiani.

Di maggiore importanza per noi avrebbe potuto essere il capitolo IV, che tratta delle Condizioni civili prima e dopo la erezione del Principato di Trento; ma anche qui la narrazione, brevissima, nella prima parte specialmente, divaga, per mancanza di documenti 1), nella storia del Principato, piuttosto che darci quella particolare della Valle. Questa non ebbe certamente vicende politiche notabili; ma appunto per ciò giovava studiarla nella sua vita e nelle sue istituzioni interne, in quei fatti cioè, che essendo troppo piccoli sfuggono assai facilmente ad una storia generale, mentre non mancano di valore in un trattato ristretto a un breve territorio. Per le sollevazioni delle valli del Noce

1) Un gruppo di 33 pergamene, contenenti alcuni atti civili tra persone di Cogolo, Celadizzo e Celentino dal 1546 al 1667, probabilmente l'archivio privato di qualche famiglia, è perve. nuto pochi anni or sono, chi sa dopo quali peregrinazioni, all'Archivio di Stato fiorentino (Archivio diplomatico, acquisto Cavaciocchi).

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