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extrahere debeat auctoritate ipsius D. Patriarche et in publicam formam reducere sicut idem D. Meliorantia poterat.et debebat. Actum iuxta altare maius Maioris Ecclesie S. Marie de Utino.

IV.

1356, 17 febbraio. Aquileja. Trasporto delle Reliquie de' SS. Felice, Fortunato, Sigismondo re, e Mena martiri, dalla abbandonata Chiesa di San Felice presso Aquileja alla Metropolitana di questo luogo. (Bibl. Civ. di Udine. - Atti originali del cancelliere patriarcale Gubertino da Novate).

Anno Domini MCCCLVI, ind. IX, die XVII Februarii, presentibus reverendo in Christo patre D. Jacobo Dei gratia Feltrensi et Bellunensi Episcopo, venerabilibus viris DD. Manzolo de Manzis Decano, Ambrosio de la Turre, Guillelmo ser Savere de Cremona et Joanne de Carate, canonicis aquilegensibus, Nicolao de Regio plebano S. Danielis, Wenceslao plebano plebis de Staymburga, nobilibus viris DD. Henacone, Wenceslao, Ruzinerio de Praga, Paulo de Bruna, Alberto de Slabatino de Boemia, militibus, Guillelmo Picossio Potestate Aquilegie, et Philippo hostiario Domini Patriarche infrascripti testibus, et aliis.

Cum Ecclesia S. Felicis Aquilegensis est ab hominum habitatione remota, nec in ea noctis tempore iaceant aliqui dictam Ecclesiam.et ea que in ipsa consistunt custodientes, Reverendissimus in Christo Pater et D. D. Nicolaus Dei gratia Sancte Sedis Aquilegensis Patriarcha, diligenter considerans et attendens conditiones presentes ac volens iuxta posse futuris periculis obviare, corpora, ossa, reliquias sita in quadam archa lapidea super altare maius predicte Ecclesie S. Felicis, videlicet Beatissimorum Felicis, Fortunati, Sigismundi regis ac Mene martirum extraxit de dicta archa, et illa faciens ad suam metropolitanam Ecclesiam Aquilegensem cum debita reverentia apportari, eadem in sacristia dicte metropolitane Ecclesie collocavit, ut ibidem securius manerent et servarentur. Acta fuerunt predicta in Ecclesiis supradictis, videlicet metropolitana et S. Felicis.

LA COMUNITÀ DI ROVERETO

E

LE PRETESE D'INNSBRUCK

MDLXIV

Nell'anno 1563 l'imperatore Ferdinando I, trovandosi ancora ad Innsbruck, nominò conte del Tirolo il suo secondogenito, Ferdinando, e la Camera di Reggenza Enipontana ne notificò l'elezione ai Provveditori di Rovereto: ma radunatosi il Consiglio di questa comunità, decise di presentare tosto all'Imperatore stesso una domanda per l'integro mantenimento dei privilegi accordati da Massimiliano (iura et privilegia deditionis), secondo i quali la Comunità doveva essere soggetta immediatamente all'Imperatore, e non al Conte di Tirolo '); e quindi rifiutando di obbedire al neo

1) Ecco le parole testuali: ....quod nos suae caesareae Majestati tanquam Ro-· mano Imperatori et sub protectionem sacri romani imperii, et non sub dominium Archiducis Austriae et Comitis Tyrolis dediderimus. Et propterea Archiducem Austriae et Comitem Tyrolis in principem regionis et superiorem nostrum non recognoscimus (ARCH. CIV. Rov.). In appoggio di questa protesta c'è la Capitulatio in deditione, accettata da Massimiliano e dai successori, il cui ultimo capitolo suona così: Item petitur, quod si in futurum praelibata Sacratissima Majestas sua voluerit praedictum oppidum Roveredi in alios Barones seu Principes transferre....., eo casu adveniente, petitur dictum oppidum transferri in Baronem seu Principem Sacri Imperii, seu Comitatus Tyrolis, gratum tamen praefatae Comunitati, et per eam eligendum (T. GAR, Statuti della Città di Rovereto, Trento, Monauni, 1859, p. 155). Nella redazione volgare di questi capitoli si legge: Item che dicta Comunità sia conservada illesa da ogni danno e pericolo, si de le persone che de la facoltà, causa che la Reverendissima Signoria vostra, o vero la Sacra Majestà Regia cum la Signoria de Venezia se accordasse, et ne volesse restituir a quella, o vero ad altri, et che se intenda restituiti cum questi Capituli (GAR, op. cit., pag. 158). La redazione volgare è anteriore alla latina, ma la latina fu quella presentata all'imperatore e da lui convalidata. Il primo abbozzo in volgare, dove si parla d'una eventuale restituzione alla Venezia, era stato composto mentre nel castello c'erano ancora i Veneziani, e duravano le ostilità fra questi e gli Impe

eletto, protestò contro l'aperta violazione dei suoi diritti. A questa protesta in fatto di sudditanza ne tenne dietro un'altra contro le imposte e i dazi che il novello conte voleva imporre anche a Rovereto: una lunga serie di guai fu la triste conseguenza di questa legittima difesa, di cui lo Zotti 1) parlò a lungo, ma pur troppo con punta accuratezza, anzi con moltissima confusione. Eppure gli avvenimenti del 1564 sono per noi di grande importanza, e ben meritano di essere illustrati con la pubblicazione di tutti i documenti ad essi relativi 2): fu una lotta ardita, che un piccolo municipio coraggiosamente combattè per l'inviolabilità dei suoi privilegi; una nobile lotta, che d'unanime volontà, con tutto l' impegno, pugnarono gli avi nostri, molti dei quali vi spiccano luminosamente per fermezza d'animo e tenacità di propositi, come Paride dei Benedetti, Michele Saibanti, Gaspare Savioli, Iacopo Antonio Boni, Marco Marchetto, Ramengo Parolino, Donato Cigaloto, e, primo di tutti, il dottor Matteo del Bene, sindaco della. comunità 3), che fu l'anima di tutti quei movimenti, ma ne fu anche il capro espiatorio: egli sostenne splendidamente ad Innsbruck la causa de' Roveretani, e ne ebbe a guiderdone una lunga prigionia, e di poi l'esilio. Ma di questo nostro egregio concittadino parleremo più a lungo nella storia di quell'anno, e il nome di lui, ora da tutti ignorato, diverrà certo caro a quanti amano il proprio paese.

riali. Il testo latino, meglio d'una traduzione, è un rifacimento, richiesto parte dalle mutate condizioni del paese, parte dalle correzioni o sostituzioni di mano dell'imperatore. Emergeva dunque dai Capitoli de la resa, che qualora l'imperatore avesse voluto cedere il dominio della Comunità di Rovereto ad un altro Signore, questi doveva andar a grado alla Comunità, ed essere eletto da lei.

1) RAFFAELE ZOTTI, Storia della Valle Lagarina, Trento, Monauni, 1863, vol. II, pag. 118 e segg.

2) Alla storia di quelli avvenimenti speriamo di poter dar mano fra breve. 3) Post deventum est ad scrutinium sp. Sindici Roboreti, mandato sp. Do. Provisorum, quo nominati fuerunt infrascripti:

Excellens Do. Mathaeus Benus
Nob. Do. Gasper Saviolus

pro 18, contra o, ex. 3

>> S1 >> 13, » 3

Quorum remansit et est Sindicus sp. Comunitatis pro anno 1564 praefatus Nob. Do. Mathaeus Benus, qui plura quam Do. Saviolus exegit suffragia (Lib. Cons. 1564, c. 7 recto).

Alla questione politica ed economica si aggiunse un incidente circa l'uso della lingua, con la quale si dovea trattare: la Camera di Reggenza Enipontana pretendeva che si adoperasse la lingua tedesca; la Comunità nostra invece, che si usasse la latina, come volevano i nostri diritti ; e all'illustrazione di questo incidente servono i documenti che or pubblichiamo, i quali fanno vedere con quanta energia si sostenesse allora la latinità del Comune.

Ma prima non sarà inopportuno di parlare di alcune importanti deliberazioni prese appunto nel 1564 circa l'officio e il sindacato del Pretore, perchè da esse apparirà chiaro quello spirito di accorta previdenza e di assennata opposizione che preparò e sorresse quanto accadde di poi. Il Pretore (o Podestà), che come rappresentante dell'autorità imperiale presiedeva ai Consigli comunali, invigilava la regolarità delle votazioni, e amministrava ragione civile e criminale tanto nella città come nel distretto (Villae Avolani, Sacchi, Lizzanae, Marchi, Pomaroli, Clusolis, Pedersani, Vallarsiae, Trambelleni, Norilii, Terragnoli, Folgariae, Nomesini, Manzani), era nominato dall'Imperatore fra tre dottori in legge ex terris nostris quibuscumque, praeterquam ex Roboreto, linguam italicam callentes, proposti dalla Comunità. Stava in officio per sedici mesi 1), finiti i quali era sottoposto ad un sindacato di tre cittadini eletti a ciò ), due dalla Comunità e il terzo dal Capitano (de Superio

1) Più tardi la durata dell'officio fu protratta a due anni: item quod teneatur perseverare et durare in suo officio per biennium, et si fieri poterit, illius ingressus fiat de mense vel circa mensem septembris (STATUTA NOVISSIMA, cap. 3).

2) Ai tre sindicatores fu aggiunto, con deliberazione del 27 gennaio 1564, un advocatus vel procurator, che difendesse contro il Pretore i privilegi della Comunità, e sporgesse contro di lui le querele dei poveri: Ad favorem iustitiae, pro publico interesse totius Iurisdictionis et praecipue pauperum, ut pateat aditus omnibus querelantibus et a gratis de iniustitia et aliis male gestis per praetorem in eius sindicatu, vadit pars, quod de caetero eligatur et eligi debeat sufficiens advocatus et procurator, qui suo juramento suscipiat onus procurae et advocationis in defendendis principaliter juribus et privilegiis sp. Comunitatis Roboreti et Iurisdictionis, et aliis quibuscumque querelis omnium et quoruncunque querelantium seu se coram ire iuste nolentium coram Do. Sindicatoribus, cum stipendio R.sium decem pro quolibet sindicatu, qui debeat esse contentus dicto salario, nec possit ab aliquo recipere mercedem aliquam, sed gratis inservire obligatus sit cum stipendio tantum de quo supra a sp. Comunitate praestando, et praedicta pars observetur singulis temporibus cuiuscumque sindicatus in futurum (LIB. Cons., 1564, c. 28 verso).

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ritate). Il Pretore functus Praetura non poteva essere rieletto de consuetudine antiqua: malgrado di questo costume, era però accaduto di sovente nella prima metà del secolo XVI '), che un Pretore fosse confermato due o tre volte nel suo officio: per togliere questo abuso, che inceppava il sindacato e dava adito ad ingiustizie impunibili, nel Consiglio Generale del 29 dicembre 1563, i Provveditori (Mathaeus Benus, Ramengus Farolinus, Gasper Saviolus e Paris de Benedictis) fecero la seguente proposta, che fu approvata a grande maggioranza (pro 61, contra 2):

Qui sp. Do. Provisores intendentes providere bono publico et manutentioni privilegiorum sp. Comunitatis, et quod ordines in privilegiis contenti observentur ad unguem, praecipue circa eligendos Praetores, finito eorum officio sexdecim mensium, tam maxime quod in praeteritum postposito tenore privilegiorum multi fuerunt praetores in eorum regimine bis et ter confirmati, qua ex causa multae ortae fuerunt perturbationes contra publicum et quietum statum Comunitatis, et subortae fuerunt querelae in derogationem iuris publici et privilegiorum et statutorum, volentes idcirco in futurum prospicere, ne haec inconvenientia occurrant succedantque, ideo pro bono publico et ad omnem bonum finem et effectum vadit pars, quod de caetero et in futurum quoquo modo amplius non posse Praetor electus vel in futurum eligendus, qui functus fuerit officio praeturae per XVI menses, denuo eligi ad praeturam sequentis regiminis per consilium de XXV, aliqua parte per eos introducenda, neque sub praetextu scrutinii faciendi de eius poena, vel aliquo alio iure seu exquisito colore, sub poena ducatorum centum irremmissibiliter aufferenda Do. Provisoribus et Consiliariis, qui pro tempore erunt, et qui ausi fuerint talia attentare in derogationem praesentis partis, et quod nihilominus quatenus id attentaverit, vel aliqua pars posita et capta in contrarium fuerit, seu per scrutinium, seu alio quocunque modo fuerit derogatum praesenti parti, omnia intelligantur et sint irrita et nullius momenti, et nihilominus cadant ad poenam infrascriptam applicandam sp. Comunitati Roboreti, et exigendam per exactorem Comunitatis Roboreti deputatum, seu qui erit pro tempore, quia intentio sp. Consilii Generalis ea est, quod in hac parte Consilium de XXV nullo modo se intromittere possit, neque valeat aliqua de eodem praetore pro sequenti regimine electio fieri, sed tantum dictum consilium de XXV habeat authoritatem et facultatem non eundem Praetorem officio praeturae iam functum, sed alios doctores ad praeturam sequentis regiminis eligere, et praedicta sub poena antedicta, et huic parti contravenientes ipso iure et facto privati sint et intelligantur perpetuo officiis omnibus et beneficiis sp. Comunitatis Roboreti (LIB. Cons., 1564, c. 3 recto et verso).

1) Anche poco prima, nel 1561, Graziadeo Rolandini aveva avuto l'officio di pretore per 32 mesi; finito il periodo delle due preture, egli pretendeva di essere sindacato per soli 10 giorni, ma il Consiglio decise che dovesse sottostare a una doppia sindacatura. Ebbe a successore Girolamo Pilati.

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