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noi, Isolano e Ottolino Storto: gli altri due non fanno che confermare le deposizioni del secondo. Ma tutti e quattro i testimoni aveano partecipato a quell' impresa, armati, a cavallo, «< cum corectis et manicis atque gamberiis et capironibus et mascariis »1 (cosi dice Isolano), al seguito di Briano, nell'esercito episcopale, dove erano rimasti fino alla levata del campo. Allora il Castelbarco chiamò a se Isolano e gli disse: « Vieni qua, chè io voglio parlare col Vescovo, e tu ascolta quello ch'egli mi comunicherà, e lo scrivi ». Cavalcò Isolano a fianco del suo signore, il quale, arrivato al Vescovo, gli parlò e disse: «Che volete voi ch'io faccia, poichè i Trentini mi minacciano?». Il Vescovo rispose promettendo a Briano difesa e risarcimento di tutti i danni che avrebbe sofferti. Che cosa replicasse il suo signore non udi Isolano, ma bene potè egli intendere che il Vescovo ad alta voce (non si sa se con animo irato o no) concluse: « Va', accordati coi Trentini, e fa' quello che vuoi ». E a questo dialogo, ch' ebbe luogo proprio nel giorno in cui fu disciolto l'esercito, erano presenti, aggiunge Isolano, parecchi militi.

Più tardi, posted, continua il teste, Briano venne a Verona, dove attese a preparare l'esercito. Prima del Natale, afferma il notaio; ma dalle deposizioni di Warnadino detto Zusello (XV) e di Nicolò di Suscigralo (XVI) parrebbe sicuro che il Castelbarco disegnasse qualcosa fin dalla state del 1201. Poichè « nel tempo in cui si battono le biade », cioè a dire nel luglio, narrano codesti due testimoni, essi incontrarono Briano presso l' ospitale (di S. Margherita ?) sito in vicinanza di Ala; e di là, mandati da lui, andarono, Warnadino a Brentonico, a far pane, Nicolò a Castelbarco, con lo stesso incarico e con la commissione di annunziare a Flordiana l'investitura di Ala, stata concessa dal

1) Cum corectis, cioè coi corselli. Il dotto maggiore A. Angelucci mi fa notare che il corsetto era privo di maniche, e che quindi il documento a ragione fa seguire il ricordo del corsetto da quello delle maniche di maglia. Gamberiis (nel documento è ommessa la m, scorrezione, o vezzo, che vogliasi, abbastanza famigliare al nostro copista), intendi gambiere. Sui capirones può vedersi il DU CANGE (v. caparo), che spiega «brevior capa»; e intenderemmo una specie di mantello. Quanto al mascariis, il DU CANGE (v. maschara) cita uno statuto mantovano dove si legge : « singulam mascharam vel capellum

ferri ».

Vescovo al figliolo di lei. Nicolò e Warnadino eseguirono quei comandi; il secondo trovò in Brentonico Perdice, il quale conferma, che, allestite sei carra di pane e di vino, furono condotte a Castelbarco. Erano le provvigioni per un corpo di 500 uomini, che poco di poi Briano disse di voler assoldare per concorrere col Vescovo al riacquisto di Trento.

A raccogliere i soldati si pensò più tardi, sul cadere del dicembre. Narra infatti Perdice, che, per quanto egli ricordava, poco innanzi il Natale, Briano gli ordinò di acquistar gente e di tenersi pronto; laonde pare che gli ultimi preparativi si facessero fra il 25 dicembre (Natale) del 1201 e il 1° gennaio del 1202 (anno nuovo).

Perdice mise insieme 20 uomini di Brentonico, Mori e Ripeta; e Marcellino da Mori (teste V) ebbe invito di recarsi presso il Castelbarco per il giorno di Natale; quindi, nella festa di S. Stefano, fu a Verona in casa di Briano, dal quale ricevette gli ordini per la spedizione dei 500 uomini. Egli ne assoldó 50, bene armati, nella Gardesana; ma non si mosse, perchè un nunzio del signore lo avverti di fermarsi. Lo stesso ordine ricevettero, come vedremo, Perdice e gli altri.

Briano chiamò a sè anche Zavarise del Castel di Verona', nella casa di Martinello in Brolo. Zavarise (teste VI) procurò 25 uomini; altrettanti ne avea promessi Carlesario da Scanarola, veronese (VII). Personaldo da Pesena (VIII) narra che suo nipóte Gerardo venne un giorno a lui per dirgli che Briano lo incaricava di cercargli 50 armati da mandare in aiuto del Vescovo ad occupare Trento. Zio e nipote fecero insieme il « procaccio » (percazum), e composero di fanti e d'arcieri il detto manipolo pochi giorni prima del Natale, « nel tempo della guerra ». Altri soldați promisero e trovarono Isolano (IX), Ottolino Storto (XII), Odolino e Sacchetto; il secondo dei quali dice che codeste cernite dovevano muovere la vigilia di Natale. E Isolano aggiunge, come il signore gli avesse confidato che con quelle truppe egli voleva entrare in Trento, poichè gli uomini di quella città gliela avrebbero

1) Contrada di Verona, dove ai tempi romani era il Campidoglio, e nel medioevo si alzò il palazzo di Teoderico e di Berengario, mutatosi poi nel Castel S. Pietro. Il «Zauarius » credo risponda a Zavarise.

2) Piazza (broilum) in Verona, presso all'Adige, in vicinanza del Vescovado.

consegnata; e che seco si sarebbero accompagnate anche le genti del Castello di Verona. Un teste di là, Beloto (X), avea infatti allestito dieci armati.

Importante per la cronologia è la deposizione XX, di Brazaterra. Narra costui, che la madre di Briano, Flordiana, gli disse: « Brazaterra, bisogna che tu vada a Brentonico per tal cosa che non ti posso confidare; parla con Perdice, e ordinagli di preparar pane, nella maggiore quantità possibile; poi prendi teco alquanta biada e la farai macinare al mulino di Marco ». Brazaterra, eseguito l'ordine di madonna, portò a Castelbarco la biada macinata; poi venne a sapere che codesti preparativi si facevano per 500 uomini che Briano << doveva dare» al Vescovo; e vide anche, per la stessa ragione, condurre in Brentonico due carrate o più di provvigioni. Ciò accadde - egli soggiunge il giorno di S. Stefano; «<e da quando io andai per tale fatto in Brentonico è passato testè un anno ». Però possiamo affermare che il Natale e il Santo Stefano in discorso spettano al 1201.

IV

Ma perchè Briano desistette poi dall'impresa?

Il 26 dicembre 1201, già abbiamo veduto, egli era ancora in Verona, e proseguiva i preparativi di guerra; con gran segretezza, dicono i testi, ai quali prima di confidarsi egli avea fatto giurare credenza. Udiamo ora un altro di costoro, Beloto del Castello di Verona (X). Trovandosi egli in quella città, il Castelbarco lo ebbe a sè, e gli ordinò di andare a Trento, alle case dei due figli di Martino, per sapere da essi, anche in nome di quelli di loro parte, ciò che a lui che mandava convenisse di fare. I figli di Martino consegnarono al messo un breve sigillato cera, indirizzato a Briano; a voce poi aggiunsero, che, tornato al signore, Beloto gli riferisse come, per l'indugio frapposto, il podestà Rosso di Braganzo, ossia di Breganze, era già entrato in Trento, e

1) Con questo nome il nostro documento riempie una lacuna così nella serie dei podestà di Trento pubblicata da B. MALFATTI nel Calendario trentino del 1854, come in quella già compilata dal p. Tovazzi, che fu messa in luce nell' ultimo fascicolo di questo Archivio (vol. III., pp. 303 e segg.).

che vi custodiva «torri e case »; così che il Castelbarco nulla avrebbe potuto fare colla sua «< condotta ». Anche, commisero a Beloto di dire al Vescovo che in città v'era una trentina di uomini, disposti, quando così gli fosse piaciuto, ad abbandonare Trento per recarsi presso di lui. Il messo riportò il breve a Briano, e questi (cosi attesta il fratello di Beloto, Remengino, teste XI), avuta la carta mentre si trovava presso la Chiusa, consegnolla al prete Martino « de Lagaro », perchè la leggesse. Vi si diceva che Briano non proseguisse i preparativi, poichè Rosso di Breganze, già entrato in Trento, avrebbe reso vano qualunque tentativo. Udito il tenore della lettera, essendo presenti anche alcuni soldati, il Castelbarco disse ch' egli intendeva di recarsi presso il Vescovo, a Stenico; dove arrivato, consegnò infatti a Corrado quel breve, che fu letto un' altra volta dal notaio Bertramo. Notiamo ancora, per la cronologia dei fatti, che Rosso di Breganze entrò in Trento contemporaneamente al teste mandato colà; e che, a detta di Remengino, la lettura del breve fu fatta prima della festa dell'«< anno nuovo », cioè negli ultimi giorni del 1201.

Avute quelle notizie da Trento, Briano diede un contrordine a quanti erano incaricati di levar gente. Carlesario da Scanarola (VII) afferma, che anch'egli avea ricevuto il comando di raccogliere soldati «< pochi giorni prima» che il detto Rosso di Breganze entrasse podestà in Trento; e quindi, subito dopo, l'avviso di desistere, perchè il Vescovo e gli uomini di Trento mandavano a dire si sospendesse ogni cosa. Anche Personaldo da Pesena (VIII) racconta che un nunzio del signore lo invitò a lasciare i preparativi, dicendogli che codesto mutamento dipendeva dal fatto che gli « amici del Vescovo », i quali dovevano aiutare Briano, nulla potevan più fare essendo venuto il podestà Rosso « de Berguaxio», il quale avea occupato « domus et turres ». Ciò accadde << eodem tempore » dell' allestimento, «< paucis diebus retro»; e intenderei: pochi giorni dopo, cioè fra il Natale e la fine dell'anno. E anche a Isolano (IX) il Castelbarco mandò a dire che l'entrata di Rosso da Breganze in Trento aveva rotto i suoi disegni 1.

1) La testimonianza di Beloto è un po' confusa; di fatto, verso la fine di essa, egli dice che non condusse fuori di Verona gli uomini che avea raccolti, perchè Briano lo avvertì che dalla spedizione lo avevano dissuaso i Trentini

Da una interrogazione fatta ad Ottolino Storto (XII), sembra però che il Vescovo spiegasse ben altrimenti la determinazione di Briano; che egli cioè sospettasse che il Castelbarco fosse d'accordo con Rosso di Breganze, e avesse a bella posta indugiata la spedizione, salvo poi a dare ai fatti un'apparenza contraria. Ad Ottolino fu chiesto infatti, se egli sapesse che Briano avesse mandato un nunzio ad Odolino da Serego, perchè questi sollecitasse Rosso di Breganze ad entrare in Trento e ad occuparvi case e torri, avvertendo intanto i Trentini di star sull' avviso perchè la città non fosse tradita. Il testimonio rispose che avanti alla festa del Natale aveva bensì veduto Briano in colloquio con Odolino da Serego e con Engeloto, ma che non conosceva l'argomento dei loro discorsi. Del resto, anche Ottolino Storto riferisce che Briano gli diede il contrordine adducendo a motivo l'ingresso di Rosso da Breganze in Trento.

Ai testimoni venne spesso domandato se potessero asserire che Briano avesse realmente raccolti tutti i 500 armati, di che andava parlando; ma quasi tutti risposero di non trovarsi in grado di asserirlo, non avendoli veduti, o similmente. Beloto (X) disse a dirittura che Briano non raccolse quel numero d'uomini.

V

Lasciammo Briano e il Vescovo Corrado a Stenico sul cadere dell'anno 1201. Il 1° gennaio del 1202 Corrado trovavasi in Castelbarco. Lo asserisce Ottone Perdice (I), la deposizione del quale è lunga assai, e importante così per la copia dei fatti, quanto anche perchè Ottone era pienamente in grado di conoscere come si passarono le cose. Certo anche alle parole di lui non bisogna dare un valore assoluto, perchè, quantunque fosse feudatario del Vescovo, egli era gastaldione di Briano, per il quale, come vedremo, raccolse pure alcuni diritti in Ala: ma ciò non toglie che quanto egli dice meriti, se non fede cieca, almeno molta considerazione.

per mezzo di un' ambasciata. Beloto, ch' era pur stato a Trento e dovea ben conoscere il tenore del breve dei figli di Martino, non avrebbe dovuto aver bisogno d'altre spiegazioni.

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