ภาพหน้าหนังสือ
PDF
ePub

--

che sappiano applicare in ogni caso quelle regole infallibili, per cui la fede sa reggersi sicura anche nell'incertezza e nel dubbio, come quell'Abramo che contra spem in spem credidit, ed aspettare che la luce si faccia, certi che si farà. I fedeli, dicevo, non hanno finito di riposarsi da una scossa, di rinvenire da un turbamento per effetto benefico d'una spiegazione udita o letta nell'articolo d'un giornale cattolico, nel libro d' un apologista, nella predica di un quaresimalista, che eccoti altri giornali, altri libri dalla sempre feconda officina dei positivisti; eccoli confusi, atterriti da un nuovo calcolo, da una nuova osservazione, o esperienza, o dimostrazione, o scoperta, che atterra tutto il sistema della difesa, e trascina di nuovo Mosè davanti al tribunale inesorabile della scienza. Oh se la nostra fede avesse bisogno di certi esegeti, tanto cresciuti ai nostri giorni, avremmo già finito col perderla da un pezzo.

9. Costì insomma ci dev'essere un difetto radicale o di principî o di metodo. So che, leggendo i libri di S. Basilio, di S. Agostino, insomma dei Padri e dei Dottori della Chiesa, non mi son mai sentito nè così tristo nè così scoraggiato. A me pare però (e si aspetti a condannarmi di poco riguardo alle persone, e specialmente all'autorità dei grandi Dottori della Chiesa) che a partire dai primi tentativi fatti, benchè con tanta parsimonia e prudenza e a solo scopo di difesa, dai Padri, per cavare dalle scienze fisiche e naturali delle prove in favore della Cosmogonia Mosaica, fino a quelle sgraziate opere moderne a cui alludevo, si sia ottenuto, senza volerlo, oltre a molti buoni effetti innegabili, anche quello cattivo di ribadire sempre più l'idea che la Genesi debba accordarsi colla scienza, non solo negativamente, cioè in quanto non contiene e non può contener nulla di contrario alla vera scienza, ma positivamente, nel senso cioè che dovrebbero accordarsi a dire le stesse cose, come si avrebbe diritto di pretendere che facessero per modo d'esempio, due trattati d'astronomia o di geologia. Così si è legata, in certo senso, la Rivelazione alla scienza, la parola di Dio alla parola dell'uomo, la fede alla ragione, il che vuol dire il certo all' in

certo, l'immutabile al mutabile; legate in modo che debban dire le stesse cose che dice la scienza, dirle tutte, parlar sempre, non tacer mai, come lo scolaretto che s'ingegna a ripetere in qualche modo tutto quello che dice il maestro. Così la fede è obbligata a seguire la scienza in tutte le sue evoluzioni, nei suoi errori, nelle sue aberrazioni, nel suo tentennamento continuo, nei suoi richiami, nelle sue palinodie, nei suoi pentimenti, senza posa palleggiata, agitata, convulsa. Si capisce che cosa possa avvenire di una barca affidata ad un piuolo profondamente confitto sul fondo di un fiume; ma non si capisce più che cosa possa succedere del piuolo affidato alla barca, che giù scorre per un fiume vorticoso, che non ha foce, per eterno cammino. Ormai il testo della Cosmogonia Mosaica ha subito nelle mani degli espositori moderni tutte le metamorfosi d'Ovidio. Non c'è ipotesi, non c'è fantasmagoria, non c'è assurdo scientifico che non abbia fatto le prove di afferrarsi da qualche parte alla Bibbia; e quante ipotesi caddero, quanti fantasmi si sciolsero nell'aria, quanti errori hanno sgombrata la via, col progresso della scienza, furono altrettanti attentati contro la Rivelazione che si era voluta ad essi improvvidamente affidata da interpreti affatto privati, i quali avevano creduto necessario di fargliene puntello.

10. Il massimo errore, secondo me, sorgente di tutti gli errori esegetici nella materia che noi consideriamo, è questo d'aver voluto, per tener bordone alla scienza, troppo facilmente dire addio al senso storico o letterale del Sacro Testo, il quale, ad onta di tutte le allegorie possibili, dev'essere e rimanere quello che è, anche a costo (per ignoranza nostra, s'intende) di comparire mendace. Che vale che S. Tomaso gridi che qualunque senso si fonda sul letterale, e lo suppone? (1) Quì, precisamente col

(1) S. Tomaso si esprime a questo proposito molto recisamente: < Nulla ⚫ confusio sequitur in Sacra Scriptura, cum omnes sensus fundentur super unum, ⚫ scilicet litteralem, ex quo solo potest trahi argumentum, non autem ex iis, quae ⚫ secundum allegoriam dicuntur, ut dicit Augustinus etc. › (Summa theol., P. I, Art. X, Quaest, 1).

primo Capo della Bibbia, se leggiamo certi modernissimi Exemeron, si comincia a fissare che il cielo, non è il cielo; la terra, non è la terra; la luce del sole non è la luce del sole; il giorno non è il giorno; la notte non è la notte. Se poi si domanda: che cosa adunque si deve intendere? si sente a dire che il cielo non è il cielo, ma un qualche cosa come il cielo; la terra non è la terra, ma qualche cosa come la terra; la luce del sole non è la luce del sole, ma qualche cosa come la luce del sole; il giorno e la notte non sono il giorno e la notte, ma qualche cosa come il giorno e la notte. E codesti qualche cosa? Neologismi, anfi bologie, ipotesi, stranezze, puerilità, meschini imparaticci d'una scienza pettegola e balbuziente. I più prudenti son quelli che dicono che noi dobbiamo aspettare, per saper che cosa credere, che gli astronomi, i fisici, i geologi, si accordino tra loro; che la Babele diventi una città d'un solo linguaggio. Sì, aspetta un poco!... Fortuna che vi son pochi passi della Bibbia tormentati come questo dell' Exemeron dai commentatori! fortuna che su tutto il gran corpo delle Scritture, su tutto ciò che veramente e certamente si deve credere, sperare, operare, Cristo, gli Apostoli, i Padri, la Chiesa hanno versati torrenti di luce limpidissima. Se no, altro che mitologia indiana, greca o romana!...

11. Pare che dovrebb'esser tempo ormai di sostenere la controversia biblica in base alla vera Esegesi, cominciando dall'applicare rigorosamente all' interpretazione del Sacro Testo le regole stabilite dai Padri e sanzionate dal magistero infallibile della Chiesa, sicchè possa fissarsi un'interpretazione logica, rigorosa, tale almeno fondamentalmente per riguardo al senso letterale che, lasciando pur libero lo svolgimento di ulteriori studî, diretti a sempre meglio chiarire e a cavar sempre nuovi tesori dalla fecondità inesauribile delle Sacre Scritture, emancipi la fede dalla troppo infida e volubile scorta delle umane scienze; che si sappia ciò che definitivamente si deve credere e si può spiegare al popolo; chè non si stia più a guardare quali svolte pigli la scienza, sovente così improvvisa, così nervosa nelle sue mosse.

Questa interpretazione fondamentale deve uscir fuori netta e tutta intera dal Sacro Testo. E perchè non dovrà uscirne? Dio avrebbe forse parlato per non essere inteso? E non sarebbe già inteso da secoli, se increduli e credenti non avessero, oso dire, congiurato a rendere inintelligibile la sua parola? Già la Scrittura non ha, non deve aver bisogno della scienza umana per essere intesa, creduta e dimostrata. Se bisogno ne avesse, umana sarebbe, perchè dipenderebbe dagli uomini; perchè sarebbe basata sopra ragioni umane. Umana sarebbe insomma, non divina, la sua autorità; ciò che è eresia e bestemmia. Pur troppo con certi esegeti ci saremmo già noi cattolici alla dottrina protestante della libera interpretazione. Non si nega con ciò che il progresso delle scienze non possa portar nuova luce e nuovi argomenti alle verità che si credono. Ma per credere e sapere che cosa si deve credere, almeno storicamente, secondo la lettera, e per credere ragionevolmente, senza dare in assurdi, senza negar tutto ciò che la scienza umana ha veramente dimostrato, anche per ciò che riguarda la creazione del mondo scritta in testa all'Antico Testamento, non dobbiamo essere obbligati ad aspettare che la scienza umana abbia liquidati i suoi conti. Se no aspetteremo a credere e ad insegnare alla fine del mondo, e poi ci sarà, cred'io, ancora da aspettare un bel pezzo.

Ma il lettore vorrà dirci che, per quanto da noi si speri, si presuma, si voglia, ci sono pur sempre, nell'interpretazione storica del Testo, di quello principalmente della Cosmogonia Mosaica, delle gravi difficoltà. A questo riflesso giustissimo rispondiamo nel capitolo seguente.

IV.

Difficoltà oggettive della critica esegetica

relative al nostro argomento.

1. Difficoltâ affermate dai Padri. 2. Difficoltà relativa all'obbietto delle Scritture.

3. Difficoltà relative al senso allegorico. 4. Non gravi nel caso concreto. 5. Difficoltà relative al valore letterale. 6. Difficoltà speciali create dall'estinzione della lingua sacra. 7. Anch'esse leggerissime nel caso concreto. 8. Conclusione.

-

1. Vi sono adunque delle vere e reali difficoltà nell' interpretazione letterale o storica delle Sacre Scritture e nominatamente in quella della Cosmogonia Mosaica? A vedere come si sia tentato invano finora di trovare un modo d'interpretare certi passi (nominatamente la Cosmogonia) che sia consono per tutti ed accettato da tutti, bisogna dire di sì. Non c'è forse del resto nè Padre, nè Dottore, nè interprete, che non abbia accennato alle difficoltà che si incontrano nell' interpretazione e nell'esposizione dei Libri Sacri. Infatti nel leggere S. Basilio, S. Agostino, S. Gerolamo, ecc. c'è da rimanerne spaventati, tanto quei dottissimi uomini sono sull'affermare e far sentire le gravi difficoltà da loro provate e che deve provare chiunque si metta a farla da interprete alle Sacre Scritture. Chè? non è forse lo stesso primo Apostolo S. Pietro quello che ci avverte, parlando delle lettere di S. Paolo, che vi sono quaedam difficilia intellectu? (1). Ma allora perchè sono tanto decantate, come pregi sommi e particolarissimi della Bibbia, la sua massima semplicità e la sua massima chiarezza?... Dove mai si possono adunque incontrare le accennate difficoltà?

2. Di certo anzi tutto nella natura del concetto. Se

per

la

(1) II. Fitoia, III, 16.

« ก่อนหน้าดำเนินการต่อ
 »