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fisica; altrimenti come mai avrebbe potuto dire il Savio, informato dallo Spirito Santo: mundum tradidit disputationi eorum? (1) il che vuol dire infine che Dio ha creato il mondo, e l'ha abbandonato alla scienza, per edificare e confondere senza fine la mente degli uomini che, studiando la natura delle cose, cercano di comprendere in qualche modo Dio e le infinite sue perfezioni, ovvero di trovar modo di rigettarlo superbamente con un culto idolatra, reso alle cose od a sè stessi, inescusabilmente errando, come dice S. Paolo. Eppure codesta idea che la Cosmogonia Mosaica narri veramente la storia fisica del mondo, codesta idea, tante volte dichiaratamente sconfessata e combattuta dai teologi e dagli esegeti, fa già capolino nelle opere dei Padri, dove discorrono delle cose naturali menzionate dalla Genesi, ed è andata talmente prendendo piede, da diventare la pietra angolare o il primo postulato dei moderni Exemeron, tanto che volendola togliere e sradicare completamente, come è giusto, quegli Exemeron rovinerebbero talmente da non rimanerne più pietra sopra pietra.

Ma se ci risolviamo a spezzare una volta i ceppi di codesto tradizionalismo, che non ci ha nulla che vedere colla dogmatica, ed a rimontare alle vere fonti, per vedere se certe credenze hanno fondamento nella vera Tradizione che ci venne da Gesù Cristo e dagli Apostoli insieme all'Antico ed al Nuovo Testamento, conservata intatta dalla Chiesa Cattolica e dichiarata e sancita dal suo infallibile magistero; si troverà facilmente che di esse credenze, benchè universali e radicatissime, specie se si riferiscono a cose perfettamente naturali di diretto dominio della scienza umana, non c'è nulla.

10. È vero che non difficilmente, come ho già accennato, si troveranno anche nei Padri sentenze ed opinioni favorevoli a quelle credenze. Non è difficile nemmeno che alcune vi abbiano

(1) Eccl. III, 11.

addirittura radice. Dobbiamo tuttavia sapere che, anche per ciò che riguarda l'oggetto formale e diretto del divino insegnamento, anche per ciò che si riferisce all'ordine puramente soprannaturale e non può essere altro che materia di dogma rivelato per stabilire una verità di fede in quanto vi deva concorrere a sondarla il sentimento dei Padri, non basta che si trovi espressa da questo o da quello dei Padri, ma ci vuole quello che si chiama, se non l'unanime, almeno il comune consenso di essi.

Ma finchè si parla di storia fisica del mondo, di sole, di luna, di stelle, di terra e di mare, di piante e d'animali, siamo perfettamente in quel campo dove la scienza possiede i suoi diritti sacrosanti; mentre alla storia dogmatica della creazione la storia fisica del mondo non può prestare che una parte materiale, accessoria, accidentale, non altrimenti che le imprese guerresche di Ciro, di Alessandro Magno, di Antioco e di Augusto la prestano alla storia tutta dogmatica di Cristo e della Chiesa. Interessa forse sostanzialmente il dogma della creazione il fatto che il mondo, considerato nella sua storia fisica, nel suo naturale svolgimento, siasi formato in sei giorni, piuttosto che in milioni di secoli, come è dimostrato a tutto rigore dalla geologia, ovvero in un istante, come Dio, astrattamente e assolutamente parlando, avrebbe potuto formarlo? Interessa forse direttamente e sostanzialmente il dogma della creazione il fatto che siano comparsi sulla terra prima i pesci, piuttosto che gli uccelli o i giumenti? Abbiamo già veduto del resto con che peritanza, con che diffidenza di sè medesimi, con che paura i Padri si fecero a toccare questioni di questo genere, e come, lungi dall'esistere fra loro quel consenso, il quale non può nascere altrimenti che dalla verità da tutti ugualmente posseduta come parte del patrimonio di cui i Padri non si considerarono mai altro che come fedeli depositari ed interpreti, si accostano a questa o a quella opinione, o parecchie ne riportano diverse ed opposte, senza decidersi definitivamente per nessuna, o si fanno eglino stessi autori d'opinioni che, come nuove e personali, gettano in mezzo alla comune

arena della libera discussione. Possiamo credere, per esempio, che S. Agostino, il quale si sentiva in possesso di una dottrina così sicura e certa, quando parlava del Verbo di Dio, della predestinazione e della grazia, avesse l' uguale sentimento di sicurezza quando discorreva delle sei giornate della creazione? No di certo.

11. Io lo vedo, per dirne una, nel suo libro delle Confessioni, raccogliere cinque interpretazioni diverse di quelle parole « In principio Dio creò il cielo e la terra » - e cinque altre delle parole « Terra erat inanis et vacua » che io vorrei tradotte con queste La terra era infeconda e vuota d'abitatori. A quale s'attiene il Santo Dottore? Propriamente a nessuna: chi si appiglia a una sentenza, e chi a un'altra (1) dice egli. Vuol dire che in seguito va egli medesimo trattando l'argomento a suo modo, avvicinandosi a questa piuttosto che a quella interpretazione, e cercando di conciliarle insieme quant'è possibile, ammesse pur sempre quelle verità fondamentali, di cui nessuno può dubitare, com'è quella che Dio ha fatto il cielo e la terra. Lo stesso Agostino scrive due opere apposta sulla Cosmogonia Mosaica, nelle quali si propone specialmente di dichiarare il senso letterale del testo. Quanto al primo che s'intitola De Genesi ad litteram imperfectus liber, narra egli stesso che, dopo aver scritto due libri sulla Genesi contro i Manichei, nei quali aveva inteso ad esporre il senso allegorico della Scrittura, si era accinto a spiegare la stessa Genesi secondo la lettera, cioè attenendosi semplicemente alla storia della Creazione com'è narrata da Mosè, piuttosto che studiando di conciliarla con ciò che delle naturali cose noi conosciamo. Ma confessa che un tale tentativo gli parve tanto difficile che, come chi abbandona un'impresa disperata, arrivato al punto della creazione dell'uomo, tantae sarcinae mole succubuit, e lasciò l'opera in tronco (2). Ma pare

(1) Confess. Lib. XII, cap. 20, 21.
(2) Libro I, delle Ritrattazioni, cap. 18.

tuttavia che non si sentisse più libero dalla paura, quando più tardi, fatto Vescovo, condusse a termine la sua grand' opera De Genesi ad litteram in dodici libri; mentre non finisce mai d'avvertire e protestare che di tali cose intende parlare, non come Dottore che insegna e decide, ma come uomo che cerca, discute, propone. Eppure sappiamo che alle opere di S. Agostino principalmente attinsero, per ciò che riguarda le cose naturali, quelli che scrissero dopo di lui, nominatamente il grande Dottore Tommaso d'Aquino. Questo vuol dire al postutto che, tanto i Padri antichi come i Dottori scolastici, si mantennero sempre, nelle questioni che riguardano soltanto indirettamente il dogma mentre appartengono per diretto dominio alle scienze umane, si mantennero dico su quella via che essi seguirono sempre trattandosi di qualunque materia disputabile. Questa via è quella della massima libertà in dubiis libertas; dico libertà, non arbitrio; libertà amorosa del vero, che si concilia tanto bene coll'umile ossequio, colla perfetta devozione alle verità rivelate, di cui è custode, maestra e vindice infallibile la Chiesa Cattolica. Tra Origene, quasi licenzioso allegorista, e S. Efrem fiero letteralista, c'è tutta una scala di gradazione cromatica dall'una all'altra scuola degli interpreti antichissimi; come tra i moderni fabbricatori di Exemeron c'è tutta la medesima scala, dal pretto tradizionalismo al puro razionalismo (si accusa il metodo, ma non s'intacca la fede di quelli che se ne servono), dal Bositius, che calpesta brutalmente la scienza, all' Ernest (per nominarne uno tra i cento), per cui Mosè diventa un geologo nè più nè meno di Cuvier, un paleontologo come d'Orbigny, un astronomo più di Herschell.

12. Mettiamo dunque da parte, almeno fino a nuovo esame, quanto vi è di tradizionale solo umanamente, tanto più sicuri di poterlo fare (nulla sprezzando e mantenendo sempre la più perfetta disposizione ad accogliere la verità) in quanto credo di potere asserire senz' eccezione che dalla parte della Chiesa, legittimamente rappresentata da' suoi Concili Ecumenici ed al suo Capo

visibile, non c'è caso finora di una definizione che riguardi i dettagli storici nè della Cosmogonia Mosaica, nè di qualunque altro passo della Sacra Scrittura, il quale si riferisca, e in quanto si riferisca alle cose naturali, a tutte quelle cose cioè che appartengono, per inalienabile diritto, sancito dai canoni dalla Chiesa, al dominio della ragione.

Siamo dunque perfettamente liberi di studiare, approfondire, discutere le Sacre Carte, in tutto ciò che può essere di competenza della ragione perchè, imitatori della saviezza, della prudenza e della umiltà dei Padri come del loro coraggio e dei loro ardimenti, possiamo cavarne quel senso che più ci sembri conforme alla verità, a cui unicamente e ardentemente aspiriamo.

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