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CAPO I.

Della invasione de' Longobardi e sue conseguenze in Italia.

Ora

ra siamo giunti a quel passo dell' Istoria, dal quale dipende lo scioglimento del nodo di queste ricerche, a quella epoca, che per noi divide l'antichità dai tempi moderni, e ci presenta un nuovo ordine di cose, quale ha dovuto dipendere dall' introduzione di un popolo straniero e barbaro, che occupò quasi tutta l'Italia, e vi restò permanente, imponendo alla più bella parte di questa regione

il

suo perpetuo nome, con totale cangiamento di governo, di leggi, di costumi, e di linguaggio

ancora.

Į Longobardi, nazione discesa dalle più rimote parti della Germania, da più anni eransi trattenuti nella Pannonia, ove ausiliarj fecero alleanza con la debole Corte di Costantinopoli, la quale incapace di resistere ai barbari, per aver lasciato perire gli ordini della sua milizia, nei quali soltanto poteva fidare la difesa dello stato, accarezzava una parte dei barbari medesimi, per combattere con essa gli altri. Miserabile politica, che rese l'Impero si

cura preda egualmente degli amici e dei nemici. Ma avendo i Longobardi gustato le delizie dell' Italia, ove poc' anzi Narsete ne aveva chiamato una parte per debellare gli Ostrogoti, conosciuta la debolezza del popolo, che l' abitava, sovra il quale in pochi anni si erano accumulate le più grandi sventure della fame, e della pestilenza, in aggiunta alla devastazione ed alle stragi di crudelissima guerra, risolvettero di occuparla per se medesimi, e farne la stabile loro sede; sicuri di non incontrare un duro ostacolo dai Greci, che l'avevano ritolta ai Goti, perchè pochi, e divenuti odiosi agli Italiani, per aver indegnamente usato della vittoria in oppresione di quelli, che dovevano difendere e proteggere.

L'anno 568. di nostra salute, guidato dal loro Re Alboino discesero per l'alpi Giulie, non in forma di esercito, ma il corpo intiero della nazione con le mogli coi figlj, e seco traendo una folla di altri barbari, che il desiderio di una preda opima aveva loro uniti. Occupata la parte orientale della Venezia, ed ivi stabilito un 'Duca nella Città di Forojulio, proseguì come un torrente lasciando indietro alcune fortezze, che trovaronsi munite di presidj Greci, occupò senza contrasto le Città sino all'Adda, donde gli abitanti sopraffatti dal terrore

erano fuggiti, per nascondersi ne' monti o tra lagune (1). L'assedio di Pavia, che durò tre anni, non interruppe il corso della vittoria, perchè intanto s' impadronirono di quasi intiera la Gallia Cisalpina, della Liguria, e della Toscana, eccettuata Ravenna, e le Città della riviera Ligure (2). Il disordine e l'anarchia, che provennero dalle morti violenti date ad Alboino, ed a Cleo di lui successore, non ritardarono il corso dell' invasione proseguita nel rimanente dell' Italia dai Duchi delle Città, che per dieci anni governarono la Nazione, (3) e meglio venne stabilita dal valore di Autari e di altri Re valorosi, dei qnali abbondò quella gente; onde conquistarono tutta l'Italia, tranne l' Esarcato, e le spiaggie marittime dell' Italia inferiore, ove si mantennero i Greci coi soccorsi, che facilmente approdavano per la via del mare, senza impedimento dei Longobardi, allora ignari della pavigazione. Roma col suo Ducato fu difesa non dalla forza dei Greci, nè dalle proprie, ma dalla riverenza della Religione, che ivi ha posto la sua primaria sede.

Quantunque gl' Italiani si compiaciano dell' opi

(1) Paul. Diac. Lib. II. Cap. 25. (2) Ibid. Cap. 26.

(3) Ibid. Cap. 32.

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